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Io e Claudia stavamo insieme da due anni. Si fa per dire, poiché l’unico ad essere convinto di essere fidanzato ero io. Lei, 25 anni, figlia di una famiglia di medici, ufficialmente ultrareligiosa, ma di animo estremamente lussurioso, si comportava spesso come fosse single. Le piaceva da morire essere sempre al centro dell’attenzione, adulata da tutti, e la cosa le riusciva anche molto bene. Era infatti una vera bellezza, una morettina con bei capelli mossi, che incorniciavano un incantevole visetto da elfa, con labbra morbide e leggermente sporgenti, il fisico minuto ma perfetto, da appassionata di danza. Ciò che mi faceva impazzire di lei era il seno, due graziose sfere, sode e perfette, che non avevano neanche bisogno di reggiseno per star su, con areole generose e sensualissime. Inutile dire che, quando si “fidanzò” con me, divenni immediatamente l’essere più odiato di tutta la comitiva che frequentavamo. Il fatto che fosse così incantevole (di aspetto, almeno…), che non specificasse troppo chiaramente il suo “stato civile” e che elargisse il suo numero di cellulare senza parsimonia, faceva sì che fosse letteralmente assediata da spasimanti. Ovviamente la cosa rendeva estremamente contenta lei…decisamente meno il sottoscritto.
Tutto questo si collocava poi sulla sua necessità di apparire come una santa. Frequentava assiduamente varie comunità religiose, dove era ovviamente una delle persone di spicco. Predicava a destra e sinistra i pregi ed i dettami della sua fede ed amava atteggiarsi da anima pia.
In accordo con tali regole, aveva deciso di “preservare la sua purezza” fino al matrimonio ed io non potevo che rispettare tale volontà, anche se, dopo mesi e mesi di discussioni e ragionamenti, eravamo arrivati almeno a praticare il sesso orale, cosa che lei gradiva moltissimo ricevere, ma che non ricambiava quasi mai.
La storia che vado a raccontare segna l’inizio della fine del nostro rapporto, costellato di innumerevoli scorrettezze nei miei confronti, quando ormai la sua insofferenza era pressoché tangibile ed il mio amore, un tempo profondissimo, si era alfine raffreddato, lasciando poche sconsolate braci.
Quella sera d’estate eravamo stati invitati (o meglio, lei era stata invitata…ed era stata “costretta” ad invitarmi “per salvare le apparenze”) al compleanno di una sua amica, che aveva deciso di festeggiarlo in una specie di discobar di suo gusto. In occasioni simili Claudia si trasformava. Dimetteva il suo abbigliamento da suorina e si agghindava a dovere. Quella sera portava una camicetta che lasciava le spalle scoperte e che metteva in risalto il suo fantastico seno, una gonna poco sopra al ginocchio e ai piedi dei sandaletti infradito allacciati alla caviglia, che lasciavano libere le sue belle dita affusolate, con le unghie dipinte con lo stesso smalto chiaro e perlaceo applicato alle mani. Ulteriore tocco di sensualità, una sottile cavigliera con un ciondolo col suo segno zodiacale alla caviglia sinistra, contrapposta al piccolo crocefisso appeso al collo con una catenina. Era un vero spettacolo e, come al solito, attrasse subito l’attenzione di tutti gli astanti, con non poca stizza della reale festeggiata e pesante scazzo da parte mia, anche se eravamo tutti abituati alle sue performance e neanche io, ormai, le badavo come una volta, quando ero stupidamente ingelosito da chiunque le si avvicinasse.
Ed ecco il fatto: in quel locale lavorava un ragazzotto che definirei … squallido. Una specie di bulletto, in carne più che muscoloso, capelli rasati, con lo sguardo da morto di figa stampato in faccia, a conoscenza di sole tre vocali su cinque. Ovviamente iniziò a ronzare intorno a Claudia, trovando sempre una scusa per passarle vicino e farle apprezzamenti infantili e battute stupide. Io, che stavo chiacchierando con altre persone, notavo il tutto con la coda dell’occhio, diviso tra rabbia e menefreghismo.
Ad un certo punto però notai Claudia guardarmi con gli occhi stralunati, un’espressione stupita ed un lieve rossore sul viso da gattina. Il bulletto, come al solito, le era appena passato vicino e stava tornando al bancone con quel suo passo scomposto, veloce e dondolante. Sul momento non capìi la situazione e le indirizzai un’occhiata interrogativa. Lei parve ricomporsi e mi restituì un’espressione serena per tranquillizzarmi.
Dopo un po’ la mia attenzione fu di nuovo attratta da uno strano movimento, lì dove Claudia si era messa a parlare, appoggiata ad un bancone con altre sue amiche. Notai di nuovo quella sua espressione stupita, il solito cameriere che si allontanava…ed il bordo posteriore della gonna di Claudia stropicciato e un po’ sollevato. Sentìi la rabbia montare, il sospetto che quel testa di cazzo le avesse messo le mani addosso era fortissimo ma non avevo la certezza ed io non sono un tipo da rissa, se non costretto.
Mi diressi da Claudia e le chiesi se stesse bene, lei mi rispose tutta sorridente ed allegra: “si si, tesoro, va tutto benissimo!! Tu, ti stai divertendo?...”. Chiacchierammo un po’, nel nostro discutere ormai privo di genuino calore, ma decisi di restarle vicino per capire se i miei sospetti sul bulletto fossero veri. Lo vidi infatti uscire trafelato dalle cucine con un vassoio in mano e dirigersi sparato verso il luogo dove sapeva si trovasse Claudia. Appena si accorse che c’ero io vicino a lei, che lo guardavo fisso, la merdina abbassò lo sguardo e finse di andare ad un tavolo vicino, per poi dileguarsi velocemente.
La sera proseguì abbastanza tranquillamente, tra chiacchiere e bevute, finché non partì la sala da ballo ed il locale si riempì di musica alta, luci intermittenti ed ombre. La maggior parte dei presenti iniziò a ballare. Claudia colse l’occasione per mettersi ancora più in mostra, con la sua bravura e la sua sensualità nel ballo. Ci divertimmo un po’, poi io sentìi il bisogno di fermarmi per bere qualcosa, la invitai ma lei mi disse, col suo solito atteggiamento esagerato, di andare tranquillamente, “che lei voleva ballare tutta la notte”. Il tempo di prendere un drink e di scambiare un saluto con conoscenti, Claudia era sparita dalla pista da ballo. C’era molta ressa e persi un po’ di tempo a cercarla, quando vidi la sua figura seminascosta in uno degli angoli in ombra della sala. Iniziai ad andare verso di lei, ma mi bloccai quando capìi cosa stesse succedendo: stava ad occhi chiusi, con un’espressione vagamente estatica sul viso, si stava mordicchiando un labbro, in una strana postura rigida, in punta di piedi, una mano appoggiata al muro e l’altra stretta attorno al bordo anteriore della gonna, le gambe leggermente divaricate. Nell’ombra dietro di lei scorsi la figura grossolana del cameriere, le muoveva una mano sotto la gonna, mentre con l’altra si strizzava il rigonfiamento sul davanti dei pantaloni, con quella sua espressione porcina, le labbra umide e gli occhi che scorrevano famelici su tutta la figura della ragazza. E lei era lì, la figlia del dottore, la verginella, la ragazza scelta ogni domenica per portare le offerte all’altare, la bella voce del coro parrocchiale, a farsi smanettare tra le gambe da un estraneo, oltretutto così volgare, un animale in calore, quando io avevo impiegato mesi per convincerla a spogliarsi e più di un anno per andare appena oltre.
Decisi che quella sera avrei commesso dei crimini contro l’umanità!
Poi sentìi distintamente qualcosa rompersi in me. La vedevo lì, concedersi a quel …coso… e non me ne importava un bel niente. Era ormai chiaro che le “sconsolate braci” si fossero spente, lasciando solo un mucchietto di cenere fredda.
Gli piombai davanti ed entrambi saltarono per la sorpresa. Lei sorridendo imbarazzata e balbettando qualcosa, lo stronzetto atteggiando una ridicola guardia da box. Li guardai gelido e dissi al suino “ce l’avete un retro bottega in questo cesso?”, lui rimase a bocca aperta, sicché ripetei “mi hai capito, coglione? Vuoi vedere quant’è brava? Allora portaci sul retro e sbrigati, cazzone!!”. Lui mi guardò come avesse visto la madonna, si girò di scatto facendoci segno di seguirlo. Claudia balbettò uno stupito “ma…ma…”, io l’afferrai per un braccio e la portai dietro al suo nuovo amichetto. Se avesse opposto anche la minima resistenza il quel momento, giuro, mi sarei fermato, ma lei non lo fece, la sentìi invece vibrare di eccitazione per quello che stava succedendo.
Il bulletto ci portò in una specie di piccolo magazzino al piano inferiore, pieno di suppellettili, da cui si potevano sentire gli echi del piano di sopra. Io inquadrai una poltroncina reclinabile e la piazzai in mezzo allo stanzino, mi sedetti portando Claudia in piedi davanti a me e rivolta verso il tizio, tremante per l’eccitazione. Davanti al suo sguardo da arrapato, infilai le mani sotto la gonna della ragazza, afferrai il suo intimo e lo sfilai, quasi strappandolo. Era un tanga rosa. Non aveva tralasciato niente, la santarellina, e cosa ancora più eccitante, lo sentìi anche leggermente inumidito. “Puttanella” pensai, “ti stavi pure bagnando sotto la mano di questo stronzo! Bene! Allora vediamo!”.
Le feci scavalcare le mutandine, togliendole completamente, le appallottolai e le gettai in mano alla merdina, che le afferrò e se le mise in tasca, continuando a guardare la scena e a strizzarsi il pacco. Intanto mi ero appoggiato allo schienale, facendo sdraiare Claudia su di me. Iniziai quindi a massaggiarle il seno attraverso la camicia, sentendo il suo respiro aumentare di frequenza. All’improvviso le tirai giù la camicetta, scoprendo quel ben di dio, che fece giusto un piccolo rimbalzo tanto era sodo, con i capezzoli già lunghi e turgidi e quel crocefisso adagiato sul petto, a creare una scena di un peccaminoso unico. Come sapevo, non indossava reggiseno. Il tizio accennò ad avvicinarsi ma io lo fermai con un gesto della mano e facendo di no con la testa. Misi quindi le mani tra le cosce di Claudia e gliele allargai, facendo sollevare la gonna fin sopra il pube e mettendo in bella mostra le sue piccole labbra rosate, sormontate da un ciuffetto nero. Lei stava lì, sdraiata su di me, visibilmente eccitata, con lo sguardo fisso negli occhi di quell’individuo, con le gambe divaricate, il seno ed il sesso nudi, i piedini penduli oltre le mie ginocchia.
Io, fissando negli occhi il tizio, scansai i capelli di Claudia ed iniziai a baciarle e succhiarle il collo e, mentre con la sinistra le massaggiavo un seno e ne strizzavo quel fantastico capezzolo, con le dita della destra iniziai ad accarezzare il piccolo clitoride turgido, le labbra morbide e bagnate, scendendo ogni tanto al forellino dell’ano, inumidendo il tutto con la rugiada che ormai infradiciava tutto il suo giovane sesso. Sapevo di dover solo accarezzare e non penetrare, poiché le avrei provocato dolore, ma già così avrei potuto portarla all’orgasmo.
“Fammela scopare!” disse il porcello, sovraeccitato.
“Si, tua sorella!! La signorina qui è vergine…”, risposi duro, “fatti una sega mentre la guardi, questa verginella”.
Provò a protestare ma gli feci capire seccamente che era già fortunato così e se non gli stava bene avremmo smesso subito. Lui, valutando la situazione, si aprì i pantaloni, estraendo un cazzo corto e tozzo come lui, ed iniziò a menarselo selvaggiamente, ansimando come un cane, mangiando con gli occhi il corpo seminudo di Claudia, il suo sesso fradicio di umori, le belle gambe affusolate e quei suoi sinuosi piedini nei sandali.
Io però volevo un’interazione di qualche tipo tra i due. D’altronde lei mi aveva già dimostrato di non essere contraria a concedersi ad estranei che le schiaffassero una mano tra le cosce, no? Per cui dissi “bene, tesoro, perché non aiuti il tuo amichetto? Sembra ti piaccia no? Del resto è un così bel giòvine, pieno di cultura e profonda fede, proprio come piacciono a te!! Avanti! Prendiglielo in mano”. Detto questo, sentìi Claudia irrigidirsi ma anche iniziare a tirarsi su. Voleva farlo!! Che lussuriosa maialina!!
Iniziò ad allungare le braccia verso gli attributi del bulletto quando questi accennò a ritrarsi, dicendo “no… con i piedi… voglio che mi seghi con quei piedini da sgualdrina… è tutta la sera che li guardo”. Io ridacchiai “Sentito il tuo amico? Avanti, lavoratelo con i piedi, fagli sentire quanto sono morbidi”. Claudia lentamente obbedì, sfilandosi i sandali, tornando a sdraiarsi su di me, allungando quelle stupende gambe ed agitando leggermente le dita dei piedi, sensualmente flessi in avanti. Lui le afferrò il destro con una mano, potandoselo alla bocca, mentre con l’altra continuava a masturbarsi. Lo vidi succhiarle le dita e passarci la lingua in mezzo, leccando poi la pianta, il tallone, risalire sul dorso e di nuovo alle dita, con fare animalesco. Lei intanto le aveva messo l’altro piede sotto il cavallo, iniziando ad accarezzargli col dorso lo scroto depilato, muovendo la gamba avanti e indietro, facendo così oscillare il piccolo ciondolo della cavigliera.
Io, eccitatissimo, le sussurrai all’orecchio “com’è il cazzo del tuo amico? Ti piace?” e lei, con una voce flebile da cui traspariva quanto fosse fuori di testa, rispose “si…si…è duro, sudato, fa schifo, è duro da morire…”, “se ti fa schifo perché continui?”, “è duro, mi fa impazzire, oddio che schifo il sudore”. Io continuai a stuzzicarla così e lei a ripetere frasi sconnesse e sovraeccitate.
Quando lui smise di leccarla, lei poté iniziare a segarlo alacremente, prima stringendogli il membro con gli archi plantari, poi tenendolo tra il dorso di un piede e la pianta dell’altro, sfregandogli l’alluce ancora bagnato di saliva sul frenulo e afferrandogli la grossa cappella con le dita incredibilmente abili. Io intanto continuavo a masturbare lei, succhiandole voracemente il collo in modo da lasciarle il segno. Le mie dita tra le sue gambe erano ormai immerse in un mare di umori, scivolando facilmente sul suo morbido sesso e penetrando nel culetto, stretto ma molto elastico. La sentivo tremare ed ansimare, facendomi prevedere uno di quei suoi potenti orgasmi silenziosi ed infatti di lì a pochi attimi la sentìi inarcarsi su di me ed emettere un mugolio prolungato, il giovane corpo squassato dal piacere. Il porco, ancora più eccitato da quella visione, arrivò anche lui, afferrandola per le caviglie e dispensando abbondanti schizzi di sperma sul dorso e sulle dita dei bei piedi di Claudia. Rimanemmo lì imbambolati per alcuni attimi, tra gli ansiti di Claudia e gli sbuffi di quella merda del suo amichetto. All’improvviso accadde una cosa che non mi sarei mai aspettato: Claudia si tirò su a sedere, poggiando le punte dei piedi fradici a terra, e andò a prendere il cazzo umido del tizio in bocca, gustandoselo in tutta la sua lunghezza e mugolando di piacere. Glielo stava pulendo ben bene quella sgualdrinella, regalandomi la visione di lei di spalle, che piegava la testa da una parte all’altra, al ritmo del fantastico pompino che gli stava regalando. L’animale, stupito al principio, le mise una mano dietro la nuca, costringendola ad ingoiare il membro fino alle palle. “Guarda come succhia la sgualdrina!...Guardala come mi lucida il cazzo!...E’ proprio una troietta la tua ragazza!...Così, succhia…succhia…. Baciami anche le palle!” disse e lei non se lo fece ripetere e iniziò subito a baciare, leccare ed ingoiare, famelica, lo scroto già umido del tizio. Quando fu soddisfatto, strattonandola per i capelli ed assestandole un paio di schiaffetti, le cacciò di nuovo il cazzo in bocca. “Così…così…puttanella.bravissima. Sai cosa mi ha detto, prima, la tua fidanzatina? Che le piaceva essere presa davanti a tutti, con forza, mentre tutti potevano vedere quello che le stavo facendo! Ti rendi conto con chi stai?”. Io non stentai a credergli, perché avevo notato quanto si eccitasse quando, riaccompagnandola a casa la sera, rimanevamo a baciarci nell’androne del suo palazzo. Mi aveva fatto intendere che essere beccata lì, la bella figlia del medico, le faceva schizzare gli ormoni fino alle stelle.
Comunque, la scenetta finì quando la voce imperiosa del capo di quel bastardo che stava fottendo la bocca di Claudia lo richiamò al dovere. Il porco allora strappò via Claudia dal suo cazzo, gli stampò un lungo bacio sulla bocca, penetrandola con la lingua che lei ovviamente accolse con umida voluttà, le diede un altro paio di schiaffetti per umiliarla ed infine me la spinse di nuovo in braccio. Mentre se ne andava, rimettendosi il pacco nei pantaloni, mi rivolse un’ultima occhiata, dicendo “Riportamela questa puttanella, te la voglio montare come una puledra, le voglio sfondare quel bel culetto, così rimane vergine, vedrai che servizio”.
Claudia mi rimase sdraiata addosso fino a quando il respiro non rallentò. Poi la vidi protendersi verso un rotolo di tovaglioli di carta ma la fermai subito. “Cosa vuoi fare? Pulirti? E perché? Non ti piace che tutti sappiano cosa ti ha fatto? Avanti, rimettiti i sandali, così come sei.fai capire a tutti cosa è successo” le dissi freddo. Lei cercò di dissentire “ho i piedi sporchi, sono un disastro”, ma senza molta convinzione ma io sapevo che quel giochetto, in fondo, le piaceva, quindi glielo impedìi. Si chinò quindi a rimettere i sandali, assicurandoli a quei piedi intrisi di sperma in via di liquefazione ma ancora ben visibile sul dorso e tra le dita. Si risistemò alla bell’e meglio la camicia e la gonna, sussultando al pensiero che il tizio si era portato via le sue mutandine. “Che c’è? Non sei contenta che il tuo amichetto abbia preso un tuo ricordino? Pensa a quando le farà vedere in giro e racconterà di cosa gli hai fatto” le dissi crudele. Lei abbassò lo sguardo arrossendo, mentre la santarellina riemergeva in lei.
Tornammo di sopra, dove avevano interrotto la musica e riacceso le luci. Io la lasciai andare verso i bagni, cosa che la costrinse ad attraversare tutta la sala, e colsi come la guardavano i suoi amici più stretti, tutti quanti. Quei bastardi che mi avevano sempre odiato, solo per il fatto di essermi messo con lei. E quello fu il mio momento di godere! Godere nell’averle dimostrato che non me ne importava più una beata fava di lei e godere al pensiero di tutti quegli stronzetti che se la sognavano di notte, la blandivano da anni, le facevano regali, occhi dolci e complimenti a profusione, sperando che lei avrebbe aperto le gambe per loro, quando era bastato un ruvido ditalino di un volgare sconosciuto a farle perdere il controllo, liberando tutta la sua lussuria e promiscuità. Quella sera la accompagnai in macchina, mollandola lì davanti al portone ed andandomene senza una parola. Non la vidi ne sentii per giorni. Fino a quando…
Qui finisce la prima parte dei racconti di Claudia. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate e se vi piacerebbe il seguito. Grazie.
Tutto questo si collocava poi sulla sua necessità di apparire come una santa. Frequentava assiduamente varie comunità religiose, dove era ovviamente una delle persone di spicco. Predicava a destra e sinistra i pregi ed i dettami della sua fede ed amava atteggiarsi da anima pia.
In accordo con tali regole, aveva deciso di “preservare la sua purezza” fino al matrimonio ed io non potevo che rispettare tale volontà, anche se, dopo mesi e mesi di discussioni e ragionamenti, eravamo arrivati almeno a praticare il sesso orale, cosa che lei gradiva moltissimo ricevere, ma che non ricambiava quasi mai.
La storia che vado a raccontare segna l’inizio della fine del nostro rapporto, costellato di innumerevoli scorrettezze nei miei confronti, quando ormai la sua insofferenza era pressoché tangibile ed il mio amore, un tempo profondissimo, si era alfine raffreddato, lasciando poche sconsolate braci.
Quella sera d’estate eravamo stati invitati (o meglio, lei era stata invitata…ed era stata “costretta” ad invitarmi “per salvare le apparenze”) al compleanno di una sua amica, che aveva deciso di festeggiarlo in una specie di discobar di suo gusto. In occasioni simili Claudia si trasformava. Dimetteva il suo abbigliamento da suorina e si agghindava a dovere. Quella sera portava una camicetta che lasciava le spalle scoperte e che metteva in risalto il suo fantastico seno, una gonna poco sopra al ginocchio e ai piedi dei sandaletti infradito allacciati alla caviglia, che lasciavano libere le sue belle dita affusolate, con le unghie dipinte con lo stesso smalto chiaro e perlaceo applicato alle mani. Ulteriore tocco di sensualità, una sottile cavigliera con un ciondolo col suo segno zodiacale alla caviglia sinistra, contrapposta al piccolo crocefisso appeso al collo con una catenina. Era un vero spettacolo e, come al solito, attrasse subito l’attenzione di tutti gli astanti, con non poca stizza della reale festeggiata e pesante scazzo da parte mia, anche se eravamo tutti abituati alle sue performance e neanche io, ormai, le badavo come una volta, quando ero stupidamente ingelosito da chiunque le si avvicinasse.
Ed ecco il fatto: in quel locale lavorava un ragazzotto che definirei … squallido. Una specie di bulletto, in carne più che muscoloso, capelli rasati, con lo sguardo da morto di figa stampato in faccia, a conoscenza di sole tre vocali su cinque. Ovviamente iniziò a ronzare intorno a Claudia, trovando sempre una scusa per passarle vicino e farle apprezzamenti infantili e battute stupide. Io, che stavo chiacchierando con altre persone, notavo il tutto con la coda dell’occhio, diviso tra rabbia e menefreghismo.
Ad un certo punto però notai Claudia guardarmi con gli occhi stralunati, un’espressione stupita ed un lieve rossore sul viso da gattina. Il bulletto, come al solito, le era appena passato vicino e stava tornando al bancone con quel suo passo scomposto, veloce e dondolante. Sul momento non capìi la situazione e le indirizzai un’occhiata interrogativa. Lei parve ricomporsi e mi restituì un’espressione serena per tranquillizzarmi.
Dopo un po’ la mia attenzione fu di nuovo attratta da uno strano movimento, lì dove Claudia si era messa a parlare, appoggiata ad un bancone con altre sue amiche. Notai di nuovo quella sua espressione stupita, il solito cameriere che si allontanava…ed il bordo posteriore della gonna di Claudia stropicciato e un po’ sollevato. Sentìi la rabbia montare, il sospetto che quel testa di cazzo le avesse messo le mani addosso era fortissimo ma non avevo la certezza ed io non sono un tipo da rissa, se non costretto.
Mi diressi da Claudia e le chiesi se stesse bene, lei mi rispose tutta sorridente ed allegra: “si si, tesoro, va tutto benissimo!! Tu, ti stai divertendo?...”. Chiacchierammo un po’, nel nostro discutere ormai privo di genuino calore, ma decisi di restarle vicino per capire se i miei sospetti sul bulletto fossero veri. Lo vidi infatti uscire trafelato dalle cucine con un vassoio in mano e dirigersi sparato verso il luogo dove sapeva si trovasse Claudia. Appena si accorse che c’ero io vicino a lei, che lo guardavo fisso, la merdina abbassò lo sguardo e finse di andare ad un tavolo vicino, per poi dileguarsi velocemente.
La sera proseguì abbastanza tranquillamente, tra chiacchiere e bevute, finché non partì la sala da ballo ed il locale si riempì di musica alta, luci intermittenti ed ombre. La maggior parte dei presenti iniziò a ballare. Claudia colse l’occasione per mettersi ancora più in mostra, con la sua bravura e la sua sensualità nel ballo. Ci divertimmo un po’, poi io sentìi il bisogno di fermarmi per bere qualcosa, la invitai ma lei mi disse, col suo solito atteggiamento esagerato, di andare tranquillamente, “che lei voleva ballare tutta la notte”. Il tempo di prendere un drink e di scambiare un saluto con conoscenti, Claudia era sparita dalla pista da ballo. C’era molta ressa e persi un po’ di tempo a cercarla, quando vidi la sua figura seminascosta in uno degli angoli in ombra della sala. Iniziai ad andare verso di lei, ma mi bloccai quando capìi cosa stesse succedendo: stava ad occhi chiusi, con un’espressione vagamente estatica sul viso, si stava mordicchiando un labbro, in una strana postura rigida, in punta di piedi, una mano appoggiata al muro e l’altra stretta attorno al bordo anteriore della gonna, le gambe leggermente divaricate. Nell’ombra dietro di lei scorsi la figura grossolana del cameriere, le muoveva una mano sotto la gonna, mentre con l’altra si strizzava il rigonfiamento sul davanti dei pantaloni, con quella sua espressione porcina, le labbra umide e gli occhi che scorrevano famelici su tutta la figura della ragazza. E lei era lì, la figlia del dottore, la verginella, la ragazza scelta ogni domenica per portare le offerte all’altare, la bella voce del coro parrocchiale, a farsi smanettare tra le gambe da un estraneo, oltretutto così volgare, un animale in calore, quando io avevo impiegato mesi per convincerla a spogliarsi e più di un anno per andare appena oltre.
Decisi che quella sera avrei commesso dei crimini contro l’umanità!
Poi sentìi distintamente qualcosa rompersi in me. La vedevo lì, concedersi a quel …coso… e non me ne importava un bel niente. Era ormai chiaro che le “sconsolate braci” si fossero spente, lasciando solo un mucchietto di cenere fredda.
Gli piombai davanti ed entrambi saltarono per la sorpresa. Lei sorridendo imbarazzata e balbettando qualcosa, lo stronzetto atteggiando una ridicola guardia da box. Li guardai gelido e dissi al suino “ce l’avete un retro bottega in questo cesso?”, lui rimase a bocca aperta, sicché ripetei “mi hai capito, coglione? Vuoi vedere quant’è brava? Allora portaci sul retro e sbrigati, cazzone!!”. Lui mi guardò come avesse visto la madonna, si girò di scatto facendoci segno di seguirlo. Claudia balbettò uno stupito “ma…ma…”, io l’afferrai per un braccio e la portai dietro al suo nuovo amichetto. Se avesse opposto anche la minima resistenza il quel momento, giuro, mi sarei fermato, ma lei non lo fece, la sentìi invece vibrare di eccitazione per quello che stava succedendo.
Il bulletto ci portò in una specie di piccolo magazzino al piano inferiore, pieno di suppellettili, da cui si potevano sentire gli echi del piano di sopra. Io inquadrai una poltroncina reclinabile e la piazzai in mezzo allo stanzino, mi sedetti portando Claudia in piedi davanti a me e rivolta verso il tizio, tremante per l’eccitazione. Davanti al suo sguardo da arrapato, infilai le mani sotto la gonna della ragazza, afferrai il suo intimo e lo sfilai, quasi strappandolo. Era un tanga rosa. Non aveva tralasciato niente, la santarellina, e cosa ancora più eccitante, lo sentìi anche leggermente inumidito. “Puttanella” pensai, “ti stavi pure bagnando sotto la mano di questo stronzo! Bene! Allora vediamo!”.
Le feci scavalcare le mutandine, togliendole completamente, le appallottolai e le gettai in mano alla merdina, che le afferrò e se le mise in tasca, continuando a guardare la scena e a strizzarsi il pacco. Intanto mi ero appoggiato allo schienale, facendo sdraiare Claudia su di me. Iniziai quindi a massaggiarle il seno attraverso la camicia, sentendo il suo respiro aumentare di frequenza. All’improvviso le tirai giù la camicetta, scoprendo quel ben di dio, che fece giusto un piccolo rimbalzo tanto era sodo, con i capezzoli già lunghi e turgidi e quel crocefisso adagiato sul petto, a creare una scena di un peccaminoso unico. Come sapevo, non indossava reggiseno. Il tizio accennò ad avvicinarsi ma io lo fermai con un gesto della mano e facendo di no con la testa. Misi quindi le mani tra le cosce di Claudia e gliele allargai, facendo sollevare la gonna fin sopra il pube e mettendo in bella mostra le sue piccole labbra rosate, sormontate da un ciuffetto nero. Lei stava lì, sdraiata su di me, visibilmente eccitata, con lo sguardo fisso negli occhi di quell’individuo, con le gambe divaricate, il seno ed il sesso nudi, i piedini penduli oltre le mie ginocchia.
Io, fissando negli occhi il tizio, scansai i capelli di Claudia ed iniziai a baciarle e succhiarle il collo e, mentre con la sinistra le massaggiavo un seno e ne strizzavo quel fantastico capezzolo, con le dita della destra iniziai ad accarezzare il piccolo clitoride turgido, le labbra morbide e bagnate, scendendo ogni tanto al forellino dell’ano, inumidendo il tutto con la rugiada che ormai infradiciava tutto il suo giovane sesso. Sapevo di dover solo accarezzare e non penetrare, poiché le avrei provocato dolore, ma già così avrei potuto portarla all’orgasmo.
“Fammela scopare!” disse il porcello, sovraeccitato.
“Si, tua sorella!! La signorina qui è vergine…”, risposi duro, “fatti una sega mentre la guardi, questa verginella”.
Provò a protestare ma gli feci capire seccamente che era già fortunato così e se non gli stava bene avremmo smesso subito. Lui, valutando la situazione, si aprì i pantaloni, estraendo un cazzo corto e tozzo come lui, ed iniziò a menarselo selvaggiamente, ansimando come un cane, mangiando con gli occhi il corpo seminudo di Claudia, il suo sesso fradicio di umori, le belle gambe affusolate e quei suoi sinuosi piedini nei sandali.
Io però volevo un’interazione di qualche tipo tra i due. D’altronde lei mi aveva già dimostrato di non essere contraria a concedersi ad estranei che le schiaffassero una mano tra le cosce, no? Per cui dissi “bene, tesoro, perché non aiuti il tuo amichetto? Sembra ti piaccia no? Del resto è un così bel giòvine, pieno di cultura e profonda fede, proprio come piacciono a te!! Avanti! Prendiglielo in mano”. Detto questo, sentìi Claudia irrigidirsi ma anche iniziare a tirarsi su. Voleva farlo!! Che lussuriosa maialina!!
Iniziò ad allungare le braccia verso gli attributi del bulletto quando questi accennò a ritrarsi, dicendo “no… con i piedi… voglio che mi seghi con quei piedini da sgualdrina… è tutta la sera che li guardo”. Io ridacchiai “Sentito il tuo amico? Avanti, lavoratelo con i piedi, fagli sentire quanto sono morbidi”. Claudia lentamente obbedì, sfilandosi i sandali, tornando a sdraiarsi su di me, allungando quelle stupende gambe ed agitando leggermente le dita dei piedi, sensualmente flessi in avanti. Lui le afferrò il destro con una mano, potandoselo alla bocca, mentre con l’altra continuava a masturbarsi. Lo vidi succhiarle le dita e passarci la lingua in mezzo, leccando poi la pianta, il tallone, risalire sul dorso e di nuovo alle dita, con fare animalesco. Lei intanto le aveva messo l’altro piede sotto il cavallo, iniziando ad accarezzargli col dorso lo scroto depilato, muovendo la gamba avanti e indietro, facendo così oscillare il piccolo ciondolo della cavigliera.
Io, eccitatissimo, le sussurrai all’orecchio “com’è il cazzo del tuo amico? Ti piace?” e lei, con una voce flebile da cui traspariva quanto fosse fuori di testa, rispose “si…si…è duro, sudato, fa schifo, è duro da morire…”, “se ti fa schifo perché continui?”, “è duro, mi fa impazzire, oddio che schifo il sudore”. Io continuai a stuzzicarla così e lei a ripetere frasi sconnesse e sovraeccitate.
Quando lui smise di leccarla, lei poté iniziare a segarlo alacremente, prima stringendogli il membro con gli archi plantari, poi tenendolo tra il dorso di un piede e la pianta dell’altro, sfregandogli l’alluce ancora bagnato di saliva sul frenulo e afferrandogli la grossa cappella con le dita incredibilmente abili. Io intanto continuavo a masturbare lei, succhiandole voracemente il collo in modo da lasciarle il segno. Le mie dita tra le sue gambe erano ormai immerse in un mare di umori, scivolando facilmente sul suo morbido sesso e penetrando nel culetto, stretto ma molto elastico. La sentivo tremare ed ansimare, facendomi prevedere uno di quei suoi potenti orgasmi silenziosi ed infatti di lì a pochi attimi la sentìi inarcarsi su di me ed emettere un mugolio prolungato, il giovane corpo squassato dal piacere. Il porco, ancora più eccitato da quella visione, arrivò anche lui, afferrandola per le caviglie e dispensando abbondanti schizzi di sperma sul dorso e sulle dita dei bei piedi di Claudia. Rimanemmo lì imbambolati per alcuni attimi, tra gli ansiti di Claudia e gli sbuffi di quella merda del suo amichetto. All’improvviso accadde una cosa che non mi sarei mai aspettato: Claudia si tirò su a sedere, poggiando le punte dei piedi fradici a terra, e andò a prendere il cazzo umido del tizio in bocca, gustandoselo in tutta la sua lunghezza e mugolando di piacere. Glielo stava pulendo ben bene quella sgualdrinella, regalandomi la visione di lei di spalle, che piegava la testa da una parte all’altra, al ritmo del fantastico pompino che gli stava regalando. L’animale, stupito al principio, le mise una mano dietro la nuca, costringendola ad ingoiare il membro fino alle palle. “Guarda come succhia la sgualdrina!...Guardala come mi lucida il cazzo!...E’ proprio una troietta la tua ragazza!...Così, succhia…succhia…. Baciami anche le palle!” disse e lei non se lo fece ripetere e iniziò subito a baciare, leccare ed ingoiare, famelica, lo scroto già umido del tizio. Quando fu soddisfatto, strattonandola per i capelli ed assestandole un paio di schiaffetti, le cacciò di nuovo il cazzo in bocca. “Così…così…puttanella.bravissima. Sai cosa mi ha detto, prima, la tua fidanzatina? Che le piaceva essere presa davanti a tutti, con forza, mentre tutti potevano vedere quello che le stavo facendo! Ti rendi conto con chi stai?”. Io non stentai a credergli, perché avevo notato quanto si eccitasse quando, riaccompagnandola a casa la sera, rimanevamo a baciarci nell’androne del suo palazzo. Mi aveva fatto intendere che essere beccata lì, la bella figlia del medico, le faceva schizzare gli ormoni fino alle stelle.
Comunque, la scenetta finì quando la voce imperiosa del capo di quel bastardo che stava fottendo la bocca di Claudia lo richiamò al dovere. Il porco allora strappò via Claudia dal suo cazzo, gli stampò un lungo bacio sulla bocca, penetrandola con la lingua che lei ovviamente accolse con umida voluttà, le diede un altro paio di schiaffetti per umiliarla ed infine me la spinse di nuovo in braccio. Mentre se ne andava, rimettendosi il pacco nei pantaloni, mi rivolse un’ultima occhiata, dicendo “Riportamela questa puttanella, te la voglio montare come una puledra, le voglio sfondare quel bel culetto, così rimane vergine, vedrai che servizio”.
Claudia mi rimase sdraiata addosso fino a quando il respiro non rallentò. Poi la vidi protendersi verso un rotolo di tovaglioli di carta ma la fermai subito. “Cosa vuoi fare? Pulirti? E perché? Non ti piace che tutti sappiano cosa ti ha fatto? Avanti, rimettiti i sandali, così come sei.fai capire a tutti cosa è successo” le dissi freddo. Lei cercò di dissentire “ho i piedi sporchi, sono un disastro”, ma senza molta convinzione ma io sapevo che quel giochetto, in fondo, le piaceva, quindi glielo impedìi. Si chinò quindi a rimettere i sandali, assicurandoli a quei piedi intrisi di sperma in via di liquefazione ma ancora ben visibile sul dorso e tra le dita. Si risistemò alla bell’e meglio la camicia e la gonna, sussultando al pensiero che il tizio si era portato via le sue mutandine. “Che c’è? Non sei contenta che il tuo amichetto abbia preso un tuo ricordino? Pensa a quando le farà vedere in giro e racconterà di cosa gli hai fatto” le dissi crudele. Lei abbassò lo sguardo arrossendo, mentre la santarellina riemergeva in lei.
Tornammo di sopra, dove avevano interrotto la musica e riacceso le luci. Io la lasciai andare verso i bagni, cosa che la costrinse ad attraversare tutta la sala, e colsi come la guardavano i suoi amici più stretti, tutti quanti. Quei bastardi che mi avevano sempre odiato, solo per il fatto di essermi messo con lei. E quello fu il mio momento di godere! Godere nell’averle dimostrato che non me ne importava più una beata fava di lei e godere al pensiero di tutti quegli stronzetti che se la sognavano di notte, la blandivano da anni, le facevano regali, occhi dolci e complimenti a profusione, sperando che lei avrebbe aperto le gambe per loro, quando era bastato un ruvido ditalino di un volgare sconosciuto a farle perdere il controllo, liberando tutta la sua lussuria e promiscuità. Quella sera la accompagnai in macchina, mollandola lì davanti al portone ed andandomene senza una parola. Non la vidi ne sentii per giorni. Fino a quando…
Qui finisce la prima parte dei racconti di Claudia. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate e se vi piacerebbe il seguito. Grazie.