Ce-ci
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E’ da tanto tempo che chiedevo a mia moglie Francesca di raccontarmi alcune sue esperienze del passato, in particolare del periodo precedente al nostro metterci insieme, ma anche per alcuni fatti successivi.
Sulle cose del suo trascorso è sempre stata molto riservata ligia agli insegnamenti di sua madre, mia suocera: <<non dire mai nulla delle cose prima>>. Invece il non saperle mi fa morire di curiosità; posso immaginarmela ma sentirmelo dire da Francesca è sicuramente eccitante, così ho atteso il momento propizio per forzarla. L’occasione si è presentata ora che suo fratello, mio cognato, ha deciso di separarsi da sua moglie.
Francesca, istigata dai miei suoceri, mi ha chiesto di progettare e seguire i lavori per divedergli la casa per ricavare due soluzioni abitative distinte e indipendenti. So già che sarà un lavoro ingrato, non ci guadagnerò nulla, sarò in mezzo a due ex coniugi che credono di avere entrambi ragione, con tanta voglia di vendicarsi a vicenda senza alcuna voglia di agevolarmi. Data la sua insistenza ho accettato ma a patto che mi dica quello che voglio sapere. Sembrava sapesse già cosa le avrei chiesto, non ha fatto resistenza; mi ha detto che non mi rivelerà due episodi avvenuti prima del nostro fidanzamento. Credo sia giusto così, alcuni fatti se dolorosi devono rimanere nel limbo, meglio non condividerli.
Ho pensato a lungo cosa chiederle per iniziare, poi ho deciso. “ il primo moroso con cui ha iniziato”. Una mattina prima di uscire glie l’ho detto. Mi ha guardato, poi mi ha fatto uno dei suoi sorrisetti che tanto mi piacciono… Qualche sera dopo Francesca era deliziosa, dopo il lavoro si era cambiata: abito semplice, capelli lavati e luminosi; la luce nel colpirli veniva riflessa in tonalità ramate; in cucina canticchiava. Sembrava fosse tornata ragazza.
A cena mi dice: “dopo se ti va possiamo guardare le mie vecchie foto. Mi sono fatta dare l’album da mia mamma”.
Più tardi siamo sul divano, sul tavolino c’è il quaderno delle fotografie. Mentre la tv chiacchiera nel sottofondo lo prende, si appoggia a me ed inizia a mostrarmelo. Giocava a pallavolo, già lo sapevo. Alta per la sua età; più alta delle sue compagne. Il viso è il suo, un aria felice ed ingenua. Sembra un angelo. Mi soffermo sui particolari: Il seno è piccolo e schiacciato nel reggiseno sportivo; il sedere ancora acerbo è trattenuto dai pantaloncini che esaltano le fasce muscolari sviluppate dall’intensa attività sportiva. Braccia nervose, mani tese e dita lunghe e sottili immortalate nel tentativo di raggiungere una palla. Sento che l’avrei amata già da allora.
Attira la mia attenzione su una fotografia. Indica una coppietta e un ragazzetto. Insignificante per me. Capisco che è lui.
Poi inizia a parlare, piano, con calma, mi racconta.
Era verso la fine del liceo, forse maggio o inizio giugno. Dicevo a mamma che andavo in palestra per allenarmi ed invece andavo con loro (la coppietta e il ragazzo) al fiume. Dalle due alle cinque; tre ore di libertà. Arrivavamo con il motorino, lui mi portava dietro, indossavamo il costume fra i cespugli loro facevano il bagno, io no, mi bagnavo solo fino alle cosce. Mamma si sarebbe accorta dei capelli bagnati. Poi prendevamo il sole, noi due ci baciavamo a lungo; lui per gioco cercava di togliermi il fiato. Smettevamo per pochi secondi solo quando le labbra e la lingua erano intorpidite. Anche loro due si baciavano a lungo, ma prima di andare via andavano fra i cespugli 5 minuti. Anche il mio voleva portarmi, ma io sola con lui non ci sono mai andata. Mamma una volta è andata vicino a scoprirmi: Dopo una settimana una sera mi dice <<Come sei rossa in faccia. Hai preso il sole?>> Io pronta: << No è che in palestra fa caldo e ci alleniamo fuori! Anzi se mi dai qualche soldo ogni tanto vado in piscina invece che a pallavolo.>>
“Furbetta!!” commento io.
“Poi come è finita con questo?” Chiedo io
Francesca continua
Dopo circa un mese, finito il bagno giocavamo a carte e chi perdeva aveva la penitenza. Nessuno si impegnava a vincere…. La punizione era sempre la stessa, noi ragazze spostavamo il reggiseno e restavamo con le tette al vento, i ragazzi ci facevano vedere il loro “bastone”.
Francesca mi guarda. Ha gli occhi lucidi. La immagino con le tettine al vento, sono eccitato dall’idea. “Continua” la incalzo.
Tutti i giorni c’era anche un pensionato. Ci guardava restando fra gli alberi.
Poi abbassa la voce che si fa tremula << Una volta hanno mandato me senza reggiseno a cercargli una sigaretta. Avevo una vergogna immensa ma non volevo che mi prendessero in giro>>. Riprende: << Poi però non sono più voluta andare con loro al fiume>>. Sento che è il momento che le hanno fatto superare il limite.
Mi fa tanta tenerezza. Amo quella ragazza a seno scoperto e viso rosso davanti ad un vecchio. Amo questa donna che è appoggiata a me. Ora andiamo a letto ti devo coccolare e poi devo sognare una ragazza che sperimenta la vita.
Sono passati alcuni giorni. Come avevo previsto la divisione dell’immobile è facile tecnicamente è un delirio per i divorziandi; non accettano nemmeno di tentare la sorte per decidere quale porzione spetta. Inutile dire dei soldi, nemmeno l’ombra, anzi per ora sono a credito per i materiali (che hanno scelto) e per la mano d’opera; le spese per l’urbanistica le riceveranno ai loro indirizzi direttamente dall’amministrazione comunale.
Francesca capisce che sono nervoso per questa incombenza. E’ dolce si mostra disponibile. Io so che non devo chiederle della prima volta. Non è pronta per raccontarlo. Forse non sarà mai pronta.
Sabato mattina partiamo per andare a una fiera editoriale; porto lei per il suo lavoro. Il bimbo è da sua mamma; le suocere a questo servono. Un tragitto di due ore. In auto sento il suo profumo piacevolmente amaro: mi piace.
Vuoi sapere del mio primo fidanzato vero? Mi chiede a bruciapelo.
“Certo” rispondo guardandola. Il viso ha un filo di trucco; gli occhi sono valorizzati dalla matita nera e dal nocciola sulle sopracciglia intonato con gli iridi. Il lucidalabbra rende la bocca un confetto rosa. La camicetta è bianca immacolata, di taglio semplice con la giusta trasparenza per fare intravvedere il reggiseno di pizzo che valorizza le tettine (non sono cresciute molto in compenso i capezzoli sono diventati grandi e scuri come more mature). La gonna è blu intenso; seduta in auto le è salita ben oltre il ginocchio. Porta i collant in tinta con la camicetta molto trasparenti, vorrei fossero autoreggenti, oppure vorrei non avesse collant solo mutandine lì sotto. La desidero.
Parla adagio con voce ferma e chiara.
<<Come sai era Giulio. Lo incontriamo qualche volta quando andiamo in centro, mi saluta sempre per primo; ora si occupa di compravendita di macchinari agricoli, le cose gli vanno alla grande.>>
Si ferma un attimo come per raccogliere le idee.
Dico: “Certo che so chi è!”. Penso: “So anche che sta con una che ha metà dei suoi anni”.
Poi mi prende una fitta di gelosia meditando: “Come mai è così informata dei fatti suoi?”
Riprende: << Ero molto innamorata. Mi aiutava per il test di ammissione all’università. Lui ha un anno in più e piaceva tanto a mamma>>
Infatti ragiono: ”la vecchia non poteva certo starne fuori”. Per fortuna mi trattengo e non lo dico.
<< Veniva tutte le mattine ripassavamo insieme. Mamma lo teneva a pranzo da noi. Nel pomeriggio facevamo la simulazione del test e poi la correzione….>>
Una pausa lunga. Forse sta tornando con il pensiero a quei tempi. Non voglio forzarla a parlare sono sicuro che se lo facessi modificherei il suo modo di dirmi i fatti. Guido attento alla strada, ogni tanto la studio con la coda dell’occhio.
Preso il tempo che le serve, sapendo di avere ancora la mia attenzione riprende: <<Io credevo di amarlo. Anche lui mi amava, o almeno mi amava a modo suo. Aveva grandi progetti>>
La guardo perplesso per farla continuare. <<Mi parlava di andare in Australia a allevare struzzi o a coltivare le mele. Altre volte voleva allevare pecore in Irlanda. Spesso mi raccontava dei laghi del Canada dove i pesci si prendono con le mani ed in un mese si guadagna per vivere per gli altri undici mesi esplorando il vasto territorio.>>
Mi guarda come svegliandosi da un sonno profondo. << Erano sogni, e mi piaceva sognare con lui.>>
<<Poi improvvisamente pochi giorni prima del test mi sono accorta di non amarlo più. Io non c’ero nei suoi progetti, anzi mi rendevo conto che non c’ero mai stata. Avevo realizzato che non aveva progetti né per me né per lui. Aveva solo fantasticato.>>
Mi fermo per un caffè. Scendiamo, mentre raggiungiamo il bar autostradale gli sguardi che ci seguono mi confermano che molti mi invidiano. Sono un po’ deluso del modo in cui ha incanalato il racconto, non ho saputo quello che volevo. Francesca sa che voglio sapere altro, ma non me lo dirà se non glielo chiedo. Risalendo in auto chiedo: “E sesso?”
Prende tempo. Si accomoda sul sedile e perde tempo con la cintura di sicurezza. Si strofina una sopracciglia specchiandosi, ma è assolutamente chiaro che non aveva bisogno di sistemarla.
<<Voleva che indossassi sempre la gonna. Finito la prova del test mi sfilava le mutandine e dovevo mettermi in modo che lui la vedesse. Gli piaceva guardarmela. Stava in contemplazione per tutto il tempo restante. Con il senso di oggi direi che era un ammiratore più che un fidanzato. Gli facevo tanti spogliarelli imitando le attrici che mi faceva vedere nei filmati. Lui diventava matto; anche a me all’inizio intrigava. >>
Penso: hai capito la mia troietta!
Mi guarda, vede la mia faccia un po’ delusa e prosegue:<< Quando uscivo con lui mi chiedeva sempre di non indossare l’intimo e se potevo lo accontentavo. Nei mesi in cui sono stata con lui mi avrà masturbata una decina di volte e mi avrà leccato la patata cinque o sei volte e io gli avrò reso altrettanti pom***ni, ma non sono mai stata veramente appagata>>.
“E Basta??” Chiedo. Mi sembra veramente impossibile… Non risponde più siamo quasi al casello. Credo che sia tutto.
Inaspettatamente riprende:<< Veramente…. >> Ho un attimo di sospensione. << Mentre stavo con lui siamo stati invitati ad una festa, forse carnevale o una laurea, in un appartamento a Firenze; Non so chi ci avesse invitato, c’erano 20 o 25 persone quasi tutti maschi, forse altre 3 o 4 donne oltre a me. Ero con la gonna plissettata e corpetto senza spalline naturalmente aveva voluto che non indossassi intimo. Avevamo mangiato e bevuto un frizzantino fresco. Ero briosa, ballavo e tutti mi volevano far ballare. Qualcuno mi palpeggiava il seno o il sedere, ma era una festa e non andavano oltre il consentito; diciamo che, complice il vino mi sentivo leggera ed ero eccitata. Prima di mezzanotte tutta la compagnia si trasferisce sotto nella contrada con le girandole luminose e i botti mi invitano ad andare con loro. Rifiuto me non va di andare al freddo, devo digerire e riposarmi; li guardo da dietro il vetro della portafinestra del balcone. Sono tutti in strada o almeno credo. Dentro c’è un bel tepore, e la luce tenue, proviene dai lampioni fuori e altra riverbera dalla stanza accanto, la musica ora proviene solo dall’appartamento sottostante. Sento una persona alle mie spalle, penso sia Giulio. Mi rilasso. Da dietro mi prende i seni nelle sue mani, mi bacia fra la spalla e il collo sento il suo respiro tiepido sulla pelle. Qualcosa non va, non riconosco i modi e il tocco del mio fidanzato, le mani non sono le sue, ma mi piace. Non mi muovo, sono piacevolmente paralizzata, lo lascio fare. E’ un attimo, ha abbassato il top, stringe fra le sue mani i miei seni, sento il suo alito tiepido sulla pelle fra le scapole e poi sulle guance, sa di sangria e di pesca. Ho i brividi. Nel movimento delle mani imprigiona i capezzoli fra le dita torturandoli; è un dolore dolce che mi scioglie dentro si irradia in tutto il corpo. Non riesco a pensare, sono completamente priva di volere. Mi gira, ora la gonna è alzata, sono spinta contro la parete, la mia bocca è sua; mi prende così, scivola dolcemente, poi entra prepotente. Sono aggrappata a lui, mi inchioda con la schiena alla parete, ci muoviamo insieme come colti da spasimi. Lo sento irrigidirsi e poi mi esplode dentro un fiume caldo. Adesso è dolce i movimenti sono più morbidi e continua a baciarmi deliziosamente>> Lo ha detto tutto d’un fiato. La voce è rimasta chiara, solo alla fine si è incrinata.
Passo il casello, fermo la macchina. Sento il bisogno di confermarle il mio attaccamento; Le do un bacio in mezzo alla fronte, è il mio ringraziamento per avere condiviso la sua storia. Lei capisce e appoggia la sua mano sul mio braccio. Ha gli occhi lucidi. Posso solo intuire il perché.
<<Faremo tardi>> mi dice. Poi aggiunge:<< guarda che poi ho passato 18 giorni d’inferno. Ho temuto di essere incinta senza sapere nemmeno il nome, per non parlare del resto>> Riavvio l’auto, seguo il navigatore. Ho aggiunto un’altra tessera al puzzle.
Sulle cose del suo trascorso è sempre stata molto riservata ligia agli insegnamenti di sua madre, mia suocera: <<non dire mai nulla delle cose prima>>. Invece il non saperle mi fa morire di curiosità; posso immaginarmela ma sentirmelo dire da Francesca è sicuramente eccitante, così ho atteso il momento propizio per forzarla. L’occasione si è presentata ora che suo fratello, mio cognato, ha deciso di separarsi da sua moglie.
Francesca, istigata dai miei suoceri, mi ha chiesto di progettare e seguire i lavori per divedergli la casa per ricavare due soluzioni abitative distinte e indipendenti. So già che sarà un lavoro ingrato, non ci guadagnerò nulla, sarò in mezzo a due ex coniugi che credono di avere entrambi ragione, con tanta voglia di vendicarsi a vicenda senza alcuna voglia di agevolarmi. Data la sua insistenza ho accettato ma a patto che mi dica quello che voglio sapere. Sembrava sapesse già cosa le avrei chiesto, non ha fatto resistenza; mi ha detto che non mi rivelerà due episodi avvenuti prima del nostro fidanzamento. Credo sia giusto così, alcuni fatti se dolorosi devono rimanere nel limbo, meglio non condividerli.
Ho pensato a lungo cosa chiederle per iniziare, poi ho deciso. “ il primo moroso con cui ha iniziato”. Una mattina prima di uscire glie l’ho detto. Mi ha guardato, poi mi ha fatto uno dei suoi sorrisetti che tanto mi piacciono… Qualche sera dopo Francesca era deliziosa, dopo il lavoro si era cambiata: abito semplice, capelli lavati e luminosi; la luce nel colpirli veniva riflessa in tonalità ramate; in cucina canticchiava. Sembrava fosse tornata ragazza.
A cena mi dice: “dopo se ti va possiamo guardare le mie vecchie foto. Mi sono fatta dare l’album da mia mamma”.
Più tardi siamo sul divano, sul tavolino c’è il quaderno delle fotografie. Mentre la tv chiacchiera nel sottofondo lo prende, si appoggia a me ed inizia a mostrarmelo. Giocava a pallavolo, già lo sapevo. Alta per la sua età; più alta delle sue compagne. Il viso è il suo, un aria felice ed ingenua. Sembra un angelo. Mi soffermo sui particolari: Il seno è piccolo e schiacciato nel reggiseno sportivo; il sedere ancora acerbo è trattenuto dai pantaloncini che esaltano le fasce muscolari sviluppate dall’intensa attività sportiva. Braccia nervose, mani tese e dita lunghe e sottili immortalate nel tentativo di raggiungere una palla. Sento che l’avrei amata già da allora.
Attira la mia attenzione su una fotografia. Indica una coppietta e un ragazzetto. Insignificante per me. Capisco che è lui.
Poi inizia a parlare, piano, con calma, mi racconta.
Era verso la fine del liceo, forse maggio o inizio giugno. Dicevo a mamma che andavo in palestra per allenarmi ed invece andavo con loro (la coppietta e il ragazzo) al fiume. Dalle due alle cinque; tre ore di libertà. Arrivavamo con il motorino, lui mi portava dietro, indossavamo il costume fra i cespugli loro facevano il bagno, io no, mi bagnavo solo fino alle cosce. Mamma si sarebbe accorta dei capelli bagnati. Poi prendevamo il sole, noi due ci baciavamo a lungo; lui per gioco cercava di togliermi il fiato. Smettevamo per pochi secondi solo quando le labbra e la lingua erano intorpidite. Anche loro due si baciavano a lungo, ma prima di andare via andavano fra i cespugli 5 minuti. Anche il mio voleva portarmi, ma io sola con lui non ci sono mai andata. Mamma una volta è andata vicino a scoprirmi: Dopo una settimana una sera mi dice <<Come sei rossa in faccia. Hai preso il sole?>> Io pronta: << No è che in palestra fa caldo e ci alleniamo fuori! Anzi se mi dai qualche soldo ogni tanto vado in piscina invece che a pallavolo.>>
“Furbetta!!” commento io.
“Poi come è finita con questo?” Chiedo io
Francesca continua
Dopo circa un mese, finito il bagno giocavamo a carte e chi perdeva aveva la penitenza. Nessuno si impegnava a vincere…. La punizione era sempre la stessa, noi ragazze spostavamo il reggiseno e restavamo con le tette al vento, i ragazzi ci facevano vedere il loro “bastone”.
Francesca mi guarda. Ha gli occhi lucidi. La immagino con le tettine al vento, sono eccitato dall’idea. “Continua” la incalzo.
Tutti i giorni c’era anche un pensionato. Ci guardava restando fra gli alberi.
Poi abbassa la voce che si fa tremula << Una volta hanno mandato me senza reggiseno a cercargli una sigaretta. Avevo una vergogna immensa ma non volevo che mi prendessero in giro>>. Riprende: << Poi però non sono più voluta andare con loro al fiume>>. Sento che è il momento che le hanno fatto superare il limite.
Mi fa tanta tenerezza. Amo quella ragazza a seno scoperto e viso rosso davanti ad un vecchio. Amo questa donna che è appoggiata a me. Ora andiamo a letto ti devo coccolare e poi devo sognare una ragazza che sperimenta la vita.
Sono passati alcuni giorni. Come avevo previsto la divisione dell’immobile è facile tecnicamente è un delirio per i divorziandi; non accettano nemmeno di tentare la sorte per decidere quale porzione spetta. Inutile dire dei soldi, nemmeno l’ombra, anzi per ora sono a credito per i materiali (che hanno scelto) e per la mano d’opera; le spese per l’urbanistica le riceveranno ai loro indirizzi direttamente dall’amministrazione comunale.
Francesca capisce che sono nervoso per questa incombenza. E’ dolce si mostra disponibile. Io so che non devo chiederle della prima volta. Non è pronta per raccontarlo. Forse non sarà mai pronta.
Sabato mattina partiamo per andare a una fiera editoriale; porto lei per il suo lavoro. Il bimbo è da sua mamma; le suocere a questo servono. Un tragitto di due ore. In auto sento il suo profumo piacevolmente amaro: mi piace.
Vuoi sapere del mio primo fidanzato vero? Mi chiede a bruciapelo.
“Certo” rispondo guardandola. Il viso ha un filo di trucco; gli occhi sono valorizzati dalla matita nera e dal nocciola sulle sopracciglia intonato con gli iridi. Il lucidalabbra rende la bocca un confetto rosa. La camicetta è bianca immacolata, di taglio semplice con la giusta trasparenza per fare intravvedere il reggiseno di pizzo che valorizza le tettine (non sono cresciute molto in compenso i capezzoli sono diventati grandi e scuri come more mature). La gonna è blu intenso; seduta in auto le è salita ben oltre il ginocchio. Porta i collant in tinta con la camicetta molto trasparenti, vorrei fossero autoreggenti, oppure vorrei non avesse collant solo mutandine lì sotto. La desidero.
Parla adagio con voce ferma e chiara.
<<Come sai era Giulio. Lo incontriamo qualche volta quando andiamo in centro, mi saluta sempre per primo; ora si occupa di compravendita di macchinari agricoli, le cose gli vanno alla grande.>>
Si ferma un attimo come per raccogliere le idee.
Dico: “Certo che so chi è!”. Penso: “So anche che sta con una che ha metà dei suoi anni”.
Poi mi prende una fitta di gelosia meditando: “Come mai è così informata dei fatti suoi?”
Riprende: << Ero molto innamorata. Mi aiutava per il test di ammissione all’università. Lui ha un anno in più e piaceva tanto a mamma>>
Infatti ragiono: ”la vecchia non poteva certo starne fuori”. Per fortuna mi trattengo e non lo dico.
<< Veniva tutte le mattine ripassavamo insieme. Mamma lo teneva a pranzo da noi. Nel pomeriggio facevamo la simulazione del test e poi la correzione….>>
Una pausa lunga. Forse sta tornando con il pensiero a quei tempi. Non voglio forzarla a parlare sono sicuro che se lo facessi modificherei il suo modo di dirmi i fatti. Guido attento alla strada, ogni tanto la studio con la coda dell’occhio.
Preso il tempo che le serve, sapendo di avere ancora la mia attenzione riprende: <<Io credevo di amarlo. Anche lui mi amava, o almeno mi amava a modo suo. Aveva grandi progetti>>
La guardo perplesso per farla continuare. <<Mi parlava di andare in Australia a allevare struzzi o a coltivare le mele. Altre volte voleva allevare pecore in Irlanda. Spesso mi raccontava dei laghi del Canada dove i pesci si prendono con le mani ed in un mese si guadagna per vivere per gli altri undici mesi esplorando il vasto territorio.>>
Mi guarda come svegliandosi da un sonno profondo. << Erano sogni, e mi piaceva sognare con lui.>>
<<Poi improvvisamente pochi giorni prima del test mi sono accorta di non amarlo più. Io non c’ero nei suoi progetti, anzi mi rendevo conto che non c’ero mai stata. Avevo realizzato che non aveva progetti né per me né per lui. Aveva solo fantasticato.>>
Mi fermo per un caffè. Scendiamo, mentre raggiungiamo il bar autostradale gli sguardi che ci seguono mi confermano che molti mi invidiano. Sono un po’ deluso del modo in cui ha incanalato il racconto, non ho saputo quello che volevo. Francesca sa che voglio sapere altro, ma non me lo dirà se non glielo chiedo. Risalendo in auto chiedo: “E sesso?”
Prende tempo. Si accomoda sul sedile e perde tempo con la cintura di sicurezza. Si strofina una sopracciglia specchiandosi, ma è assolutamente chiaro che non aveva bisogno di sistemarla.
<<Voleva che indossassi sempre la gonna. Finito la prova del test mi sfilava le mutandine e dovevo mettermi in modo che lui la vedesse. Gli piaceva guardarmela. Stava in contemplazione per tutto il tempo restante. Con il senso di oggi direi che era un ammiratore più che un fidanzato. Gli facevo tanti spogliarelli imitando le attrici che mi faceva vedere nei filmati. Lui diventava matto; anche a me all’inizio intrigava. >>
Penso: hai capito la mia troietta!
Mi guarda, vede la mia faccia un po’ delusa e prosegue:<< Quando uscivo con lui mi chiedeva sempre di non indossare l’intimo e se potevo lo accontentavo. Nei mesi in cui sono stata con lui mi avrà masturbata una decina di volte e mi avrà leccato la patata cinque o sei volte e io gli avrò reso altrettanti pom***ni, ma non sono mai stata veramente appagata>>.
“E Basta??” Chiedo. Mi sembra veramente impossibile… Non risponde più siamo quasi al casello. Credo che sia tutto.
Inaspettatamente riprende:<< Veramente…. >> Ho un attimo di sospensione. << Mentre stavo con lui siamo stati invitati ad una festa, forse carnevale o una laurea, in un appartamento a Firenze; Non so chi ci avesse invitato, c’erano 20 o 25 persone quasi tutti maschi, forse altre 3 o 4 donne oltre a me. Ero con la gonna plissettata e corpetto senza spalline naturalmente aveva voluto che non indossassi intimo. Avevamo mangiato e bevuto un frizzantino fresco. Ero briosa, ballavo e tutti mi volevano far ballare. Qualcuno mi palpeggiava il seno o il sedere, ma era una festa e non andavano oltre il consentito; diciamo che, complice il vino mi sentivo leggera ed ero eccitata. Prima di mezzanotte tutta la compagnia si trasferisce sotto nella contrada con le girandole luminose e i botti mi invitano ad andare con loro. Rifiuto me non va di andare al freddo, devo digerire e riposarmi; li guardo da dietro il vetro della portafinestra del balcone. Sono tutti in strada o almeno credo. Dentro c’è un bel tepore, e la luce tenue, proviene dai lampioni fuori e altra riverbera dalla stanza accanto, la musica ora proviene solo dall’appartamento sottostante. Sento una persona alle mie spalle, penso sia Giulio. Mi rilasso. Da dietro mi prende i seni nelle sue mani, mi bacia fra la spalla e il collo sento il suo respiro tiepido sulla pelle. Qualcosa non va, non riconosco i modi e il tocco del mio fidanzato, le mani non sono le sue, ma mi piace. Non mi muovo, sono piacevolmente paralizzata, lo lascio fare. E’ un attimo, ha abbassato il top, stringe fra le sue mani i miei seni, sento il suo alito tiepido sulla pelle fra le scapole e poi sulle guance, sa di sangria e di pesca. Ho i brividi. Nel movimento delle mani imprigiona i capezzoli fra le dita torturandoli; è un dolore dolce che mi scioglie dentro si irradia in tutto il corpo. Non riesco a pensare, sono completamente priva di volere. Mi gira, ora la gonna è alzata, sono spinta contro la parete, la mia bocca è sua; mi prende così, scivola dolcemente, poi entra prepotente. Sono aggrappata a lui, mi inchioda con la schiena alla parete, ci muoviamo insieme come colti da spasimi. Lo sento irrigidirsi e poi mi esplode dentro un fiume caldo. Adesso è dolce i movimenti sono più morbidi e continua a baciarmi deliziosamente>> Lo ha detto tutto d’un fiato. La voce è rimasta chiara, solo alla fine si è incrinata.
Passo il casello, fermo la macchina. Sento il bisogno di confermarle il mio attaccamento; Le do un bacio in mezzo alla fronte, è il mio ringraziamento per avere condiviso la sua storia. Lei capisce e appoggia la sua mano sul mio braccio. Ha gli occhi lucidi. Posso solo intuire il perché.
<<Faremo tardi>> mi dice. Poi aggiunge:<< guarda che poi ho passato 18 giorni d’inferno. Ho temuto di essere incinta senza sapere nemmeno il nome, per non parlare del resto>> Riavvio l’auto, seguo il navigatore. Ho aggiunto un’altra tessera al puzzle.