Esperienza reale Una famiglia perfetta parte 1

Boh, un paio di idee me le sono fatte, ma aspetto di leggere il seguito...
Certo la situazione strana lo è, perchè dai, anche senza sapere dell'incontro tra Alim e l'amico, chiunque avrebbe immaginato che potesse essere stato lui, figuriamoci il diretto interessato, inoltre arrestato il giorno dopo addirittura, qui o c'è stata qualche soffiata, oppure lo perquisiscono ogni giorno, e mi pare molto strano.
 
a me pare strano che concedano i domiciliari in casa dell'avvocato difensore...
però ottimo scrittore
Ad esser sincero è sembrato strano anche a me, ma al momento aspetto di finire di leggere la storia per poi tirare le mie conclusioni, tenendo sempre conto che l'ha evidenziata come storia reale, per cui ammenochè lui non è un quinto esterno che ha raccolto le testimonianze dei 4, non capisco come faccia a raccontare e dettagliare ogni singolo personaggio.
Rimane comunque una gran bella storia, molto intrigante e come già detto, una storia che genera sentimenti contrastanti.
Aspettiamo il prosieguo e soprattutto il gran finale!
 
La storia è ben raccontata, originale nei contenuti poi sulla questione che sia più o meno veritiera io mi chiedo, ha importanza? Di certo non è usuale l'onniscienza del narratore in una storia vera, ma ripeto ha importanza?
 
La storia è ben raccontata, originale nei contenuti poi sulla questione che sia più o meno veritiera io mi chiedo, ha importanza? Di certo non è usuale l'onniscienza del narratore in una storia vera, ma ripeto ha importanza?
Parere personale:
Non ha importanza se non viene specificato o viene evidenziato come "racconto di fantasia", ma se metti "esperienza reale" a quel punto ha importanza.
In particolar modo per me che studio da anni la psicologia di coppia per cui potrà sembrarti strano, ma qui ho avuto modo di conoscere e approfondire argomenti che normalmente uno potrebbe solo immaginare.
Ripeto, questo è il mio punto di vista, ma resta comunque il fatto che la storia è veramente intrigante, ben scritta che ti lascia sempre con quella curiosità di scoprire di più.
 
Parere personale:
Non ha importanza se non viene specificato o viene evidenziato come "racconto di fantasia", ma se metti "esperienza reale" a quel punto ha importanza.
In particolar modo per me che studio da anni la psicologia di coppia per cui potrà sembrarti strano, ma qui ho avuto modo di conoscere e approfondire argomenti che normalmente uno potrebbe solo immaginare.
Ripeto, questo è il mio punto di vista, ma resta comunque il fatto che la storia è veramente intrigante, ben scritta che ti lascia sempre con quella curiosità di scoprire di più.
Massimo rispetto per te che studi la psicologia di coppia. Io divento pazzo per capire cosa pensano e desiderano le donne....
 
Parte 9
Lucia parcheggiò l’auto davanti alla stazione di polizia. Prese in fretta e furia la borsa e la valigetta e si diresse verso l’ingresso. Prima di entrare respirò profondamente, per calmare il cuore che le batteva in petto all’impazzata e per darsi un contegno professionale. Poi si avvicinò al desk e chiese notizie di suo marito.

“Sono Lucia Esposito...”
Il poliziotto di fronte a lei la squadrò con attenzione, poi rispose:

“Mi dispiace, non facciamo entrare i familiari.”
“Sono il suo avvocato” sentenziò Lucia, in tono asciutto. Il poliziotto sollevò di nuovo lo sguardo e si dipinse sul suo volto un’espressione di rammarico.
“Chiedo scusa, signora, la faccio passare subito.”

Lucia annuì, stizzita e si lasciò guidare in un dedalo di corridoi grigi. Affrettò il passo per affiancarsi al poliziotto; i capelli le danzavano frenetici sulle spalle ad ogni falcata.

“Qualcuno mi spiega cosa succede?” chiese, con la voce che suo malgrado le vibrava di impazienza.
“La informerà di tutto il mio superiore.” rispose quello.

In breve si ritrovarono di fronte ad una porta anch’essa grigia. Il poliziotto si congedò con un cenno del capo e sparì di nuovo alle sue spalle, in fondo al corridoio. Lucia bussò alla porta, con dita nervose, per pura formalità. Poi si tuffò nella stanza, ancora prima di sentire una voce maschile che, da dentro, le dava il permesso di entrare. Si ritrovò in buco di stanza; quattro pareti grigie e un tavolo dalle gambe sottili al centro, illuminati da una plafoniera di tubi al neon. Suo marito le dava le spalle e dalla sua posa ingobbita, Lucia poteva intuire perfettamente il suo stato d’animo; mentre di fronte gli sedeva un uomo sulla cinquantina.

“L’avvocato, suppongo.” aveva una voce roca da gran fumatore. Lucia annuì, tamburellando con le dita sull’impugnatura della valigetta.
“Ispettore Ruggero...” continuò quello, allungandole una mano. Lucia scattò in avanti e gliela strinse vigorosamente: la flemma dell’Ispettore stava mettendo a dura prova i suoi nervi.
“Esposito, piacere.”
“Suo marito, qui...”
“Il mio cliente, se non le dispiace. Sono qui in veste professionale.” lo interruppe lei. Percepì chiaramente le spalle di Marco contrarsi.
“Chiedo scusa...” proseguì l’Ispettore, con un sorriso condiscendente. “… il suo cliente è tenuto in custodia con l’accusa di detenzione e possibile spaccio di cocaina. Gliene abbiamo trovati dieci grammi nella tasca della giacca”
“Cosa?” esclamò Lucia, strabuzzando gli occhi.
“Comprendo la sua sorpresa...”
“Può lasciarci soli, per cortesia?” tagliò corto lei. L’Ispettore si lasciò andare ad un sospiro profondo e si alzò dalla sedia; esibì un sorriso di circostanza che sparì sotto una folta coltre di baffi, poi le passò accanto e si chiuse la porta alle spalle, senza dire una parola.
Una volta rimasti soli, marito e moglie restarono in silenzio per un istante. Poi Marco, con un evidente sforzo di volontà si voltò verso Lucia. Il suo viso portava il segno di una vergogna profonda, quasi faticava ad alzare gli occhi per guardarla.

“Lu, mi dispiace...”
“Spiegami che diavolo sta succedendo!” Lucia sbatté sul tavolo la valigetta e si lasciò cadere sulla sedia di fronte al marito.
“Mi vogliono incastrare! Non penserai mica che quella roba sia mia?” esclamò Marco, disperato. Sua moglie scosse la testa con veemenza.
“No, certo che no. Sto solo cercando di capire. Hai mai lasciato la giacca incustodita durante il giorno?”
“No, mai. Cioè, credo di no.” Marco si tormentava il labbro con le dita e gli occhi gli schizzavano da una parte all’altra della stanza, nello sforzo di ricordare.
“Devi cercare di fare mente locale, perché non sarà facile scagionarti se non possiamo provare che qualcuno ti ha messo quella roba addosso, senza che te ne accorgessi...”
“Lo so, ma...”
“Può essere successo mentre eri in ufficio, o magari fuori dal tribunale, ci passa sempre tanta gente...”
“Certo, ma...”
“Basta trovare anche un minuscolo spiraglio di tempo e costruirci sopra la difesa...”
“Lucia”
“Cosa? Che c’è?” sbottò lei. Alzò per la prima volta gli occhi su suo marito e si accorse che a stento riusciva a trattenere le lacrime.
“Puoi smetterla di fare l’avvocato ed essere mia moglie, per un secondo, per favore?” implorò Marco e dalla bocca gli uscì poco più di un sussurro strozzato. Lucia allungò le braccia sul tavolo e prese le mani del marito tra le sue.
“Scusami. È che voglio tirarti fuori da questa situazione il prima possibile.” sussurrò.

Per qualche istante, galleggiò tra i due un silenzio pesante. C’era una domanda che Lucia voleva porre al marito, ma che aveva troppa paura di fargli; e anche Marco lo sapeva, era come potesse vedergliela stampata in fronte a caratteri luminosi. Lucia inspirò profondamente e chiese:

“Dimmi la verità: è tua quella roba?” prima che suo marito potesse rispondere ci tenne a precisare: “Ti prego, rifletti prima di rispondere. È importante. Lo sai che non ti giudicherei. Non ti sto parlando da avvocato. Ho solo bisogno di sapere.”
Marco la guardò negli occhi e nel suo sguardo si leggevano chiaramente un misto di rabbia e sconforto.
“La cocaina non è mia.” scandì ogni parola con lentezza. “Anzi, se proprio vuoi che sia sincero, credo di sapere anche chi ce l’ha messa, nella mia tasca.” aggiunse. Lucia sobbalzò sulla sedia.
“Chi?” chiese
“Lo sai chi...” ringhiò Marco in risposta; a lei ci volle un attimo per capire.
“Alim?” esclamò a bassa voce. “Non iniziare con questa storia. Posso capire che non ti vada a genio, ma questo è davvero troppo.”
“E allora chi è stato?”
“Non lui. Non è mai uscito di casa.”
“Resta da solo, quando noi siamo fuori e Gabriele è a scuola.” Marco era sempre più infervorato.
“Non è importante chi sia il colpevole. Per ora ci basta provare la possibilità che non sia tu.” sentenziò Lucia ed il suo tono era definitivo. Eppure, mentre si alzava, sentì come una fitta allo stomaco; come se quel suo rifiutarsi di prendere in considerazione il coinvolgimento di Alim nella vicenda non dipendesse solo dal fatto che lo credesse innocente. Passò delicatamente la mano sul volto di suo marito e si addolcì.

“Vedrai che andrà tutto bene. Penserò io a tirarti fuori di qui...” sussurrò. Marco poggiò la fronte contro il suo ventre e si lasciò accarezzare la testa.
“Adesso fammi andare.” aggiunse e nella sua voce era evidente il tentativo di trattenere i singhiozzi.
“Ti amo” farfugliò Marco. Lucia si abbassò e posò le labbra contro le sue.
“Anche io ti amo”

Dopodiché, con le mani serrate intorno al manico della valigetta, si apprestò verso la porta; lanciò un’ultima occhiata a suo marito - a spalle curve, scosso da singhiozzi silenziosi – e lasciò che l’Ispettore, con la stessa flemma dimostrata poco prima, richiudesse la porta alle sue spalle.

Continua....
 
come se in italia la giustizia funzionasse così bene che al primo giorno in cui vai in giro con una bustina di coca vieni beccato e arrestato immediatamente!
sono 20 anni che guido e mi avranno chiesto la patente forse 2 volte :D
 
Parte 9
Lucia parcheggiò l’auto davanti alla stazione di polizia. Prese in fretta e furia la borsa e la valigetta e si diresse verso l’ingresso. Prima di entrare respirò profondamente, per calmare il cuore che le batteva in petto all’impazzata e per darsi un contegno professionale. Poi si avvicinò al desk e chiese notizie di suo marito.

“Sono Lucia Esposito...”
Il poliziotto di fronte a lei la squadrò con attenzione, poi rispose:

“Mi dispiace, non facciamo entrare i familiari.”
“Sono il suo avvocato” sentenziò Lucia, in tono asciutto. Il poliziotto sollevò di nuovo lo sguardo e si dipinse sul suo volto un’espressione di rammarico.
“Chiedo scusa, signora, la faccio passare subito.”

Lucia annuì, stizzita e si lasciò guidare in un dedalo di corridoi grigi. Affrettò il passo per affiancarsi al poliziotto; i capelli le danzavano frenetici sulle spalle ad ogni falcata.

“Qualcuno mi spiega cosa succede?” chiese, con la voce che suo malgrado le vibrava di impazienza.
“La informerà di tutto il mio superiore.” rispose quello.

In breve si ritrovarono di fronte ad una porta anch’essa grigia. Il poliziotto si congedò con un cenno del capo e sparì di nuovo alle sue spalle, in fondo al corridoio. Lucia bussò alla porta, con dita nervose, per pura formalità. Poi si tuffò nella stanza, ancora prima di sentire una voce maschile che, da dentro, le dava il permesso di entrare. Si ritrovò in buco di stanza; quattro pareti grigie e un tavolo dalle gambe sottili al centro, illuminati da una plafoniera di tubi al neon. Suo marito le dava le spalle e dalla sua posa ingobbita, Lucia poteva intuire perfettamente il suo stato d’animo; mentre di fronte gli sedeva un uomo sulla cinquantina.

“L’avvocato, suppongo.” aveva una voce roca da gran fumatore. Lucia annuì, tamburellando con le dita sull’impugnatura della valigetta.
“Ispettore Ruggero...” continuò quello, allungandole una mano. Lucia scattò in avanti e gliela strinse vigorosamente: la flemma dell’Ispettore stava mettendo a dura prova i suoi nervi.
“Esposito, piacere.”
“Suo marito, qui...”
“Il mio cliente, se non le dispiace. Sono qui in veste professionale.” lo interruppe lei. Percepì chiaramente le spalle di Marco contrarsi.
“Chiedo scusa...” proseguì l’Ispettore, con un sorriso condiscendente. “… il suo cliente è tenuto in custodia con l’accusa di detenzione e possibile spaccio di cocaina. Gliene abbiamo trovati dieci grammi nella tasca della giacca”
“Cosa?” esclamò Lucia, strabuzzando gli occhi.
“Comprendo la sua sorpresa...”
“Può lasciarci soli, per cortesia?” tagliò corto lei. L’Ispettore si lasciò andare ad un sospiro profondo e si alzò dalla sedia; esibì un sorriso di circostanza che sparì sotto una folta coltre di baffi, poi le passò accanto e si chiuse la porta alle spalle, senza dire una parola.
Una volta rimasti soli, marito e moglie restarono in silenzio per un istante. Poi Marco, con un evidente sforzo di volontà si voltò verso Lucia. Il suo viso portava il segno di una vergogna profonda, quasi faticava ad alzare gli occhi per guardarla.

“Lu, mi dispiace...”
“Spiegami che diavolo sta succedendo!” Lucia sbatté sul tavolo la valigetta e si lasciò cadere sulla sedia di fronte al marito.
“Mi vogliono incastrare! Non penserai mica che quella roba sia mia?” esclamò Marco, disperato. Sua moglie scosse la testa con veemenza.
“No, certo che no. Sto solo cercando di capire. Hai mai lasciato la giacca incustodita durante il giorno?”
“No, mai. Cioè, credo di no.” Marco si tormentava il labbro con le dita e gli occhi gli schizzavano da una parte all’altra della stanza, nello sforzo di ricordare.
“Devi cercare di fare mente locale, perché non sarà facile scagionarti se non possiamo provare che qualcuno ti ha messo quella roba addosso, senza che te ne accorgessi...”
“Lo so, ma...”
“Può essere successo mentre eri in ufficio, o magari fuori dal tribunale, ci passa sempre tanta gente...”
“Certo, ma...”
“Basta trovare anche un minuscolo spiraglio di tempo e costruirci sopra la difesa...”
“Lucia”
“Cosa? Che c’è?” sbottò lei. Alzò per la prima volta gli occhi su suo marito e si accorse che a stento riusciva a trattenere le lacrime.
“Puoi smetterla di fare l’avvocato ed essere mia moglie, per un secondo, per favore?” implorò Marco e dalla bocca gli uscì poco più di un sussurro strozzato. Lucia allungò le braccia sul tavolo e prese le mani del marito tra le sue.
“Scusami. È che voglio tirarti fuori da questa situazione il prima possibile.” sussurrò.

Per qualche istante, galleggiò tra i due un silenzio pesante. C’era una domanda che Lucia voleva porre al marito, ma che aveva troppa paura di fargli; e anche Marco lo sapeva, era come potesse vedergliela stampata in fronte a caratteri luminosi. Lucia inspirò profondamente e chiese:

“Dimmi la verità: è tua quella roba?” prima che suo marito potesse rispondere ci tenne a precisare: “Ti prego, rifletti prima di rispondere. È importante. Lo sai che non ti giudicherei. Non ti sto parlando da avvocato. Ho solo bisogno di sapere.”
Marco la guardò negli occhi e nel suo sguardo si leggevano chiaramente un misto di rabbia e sconforto.
“La cocaina non è mia.” scandì ogni parola con lentezza. “Anzi, se proprio vuoi che sia sincero, credo di sapere anche chi ce l’ha messa, nella mia tasca.” aggiunse. Lucia sobbalzò sulla sedia.
“Chi?” chiese
“Lo sai chi...” ringhiò Marco in risposta; a lei ci volle un attimo per capire.
“Alim?” esclamò a bassa voce. “Non iniziare con questa storia. Posso capire che non ti vada a genio, ma questo è davvero troppo.”
“E allora chi è stato?”
“Non lui. Non è mai uscito di casa.”
“Resta da solo, quando noi siamo fuori e Gabriele è a scuola.” Marco era sempre più infervorato.
“Non è importante chi sia il colpevole. Per ora ci basta provare la possibilità che non sia tu.” sentenziò Lucia ed il suo tono era definitivo. Eppure, mentre si alzava, sentì come una fitta allo stomaco; come se quel suo rifiutarsi di prendere in considerazione il coinvolgimento di Alim nella vicenda non dipendesse solo dal fatto che lo credesse innocente. Passò delicatamente la mano sul volto di suo marito e si addolcì.

“Vedrai che andrà tutto bene. Penserò io a tirarti fuori di qui...” sussurrò. Marco poggiò la fronte contro il suo ventre e si lasciò accarezzare la testa.
“Adesso fammi andare.” aggiunse e nella sua voce era evidente il tentativo di trattenere i singhiozzi.
“Ti amo” farfugliò Marco. Lucia si abbassò e posò le labbra contro le sue.
“Anche io ti amo”

Dopodiché, con le mani serrate intorno al manico della valigetta, si apprestò verso la porta; lanciò un’ultima occhiata a suo marito - a spalle curve, scosso da singhiozzi silenziosi – e lasciò che l’Ispettore, con la stessa flemma dimostrata poco prima, richiudesse la porta alle sue spalle.

Continua....
Aspetto volentieri il continuo della storia.....👍👍👍👍
 
Manca un dettaglio fondamentale...perché marco avrebbe dovuto essere perquisito? E perché alim ne era certo?
Ma che siamo cacacazzi vogliamo sapere tutto, quell'altro al commento sopra il tuo si meraviglia che tutto si era concatenato, si vede che il cambiamento sta avvenendo quindi stia attento a come guida. 😂😂😂😂🍺🍺🍺🍺🍺Sempre in amicizia e sarcasmo.
 
Per la gente che si lamenta, fatevi una vita davvero, ci sono tanti scrittori qui su Phica che hanno smesso di scrivere per pe numerosi lamentele tra cui io con un vecchio profilo
 
Ma che siamo cacacazzi vogliamo sapere tutto, quell'altro al commento sopra il tuo si meraviglia che tutto si era concatenato, si vede che il cambiamento sta avvenendo quindi stia attento a come guida. 😂😂😂😂🍺🍺🍺🍺🍺Sempre in amicizia e sarcasmo.
Se hai letto qualche mio post precedente non ritenevo fondamentale la veridicità o meno del racconto, solo nella scorrevolezza e passione della lettura ho notato la mancanza degli elementi a cui facevo prima riferimento. Ho sbagliato a farli notare? Non lo so. Di certo se fossi io lo scrittore preferirei un lettore attento ad uno che "subisce" passivamente il testo. Per il resto il sarcasmo e l'amicizia sono sempre bene accetti 😁
 
Se hai letto qualche mio post precedente non ritenevo fondamentale la veridicità o meno del racconto, solo nella scorrevolezza e passione della lettura ho notato la mancanza degli elementi a cui facevo prima riferimento. Ho sbagliato a farli notare? Non lo so. Di certo se fossi io lo scrittore preferirei un lettore attento ad uno che "subisce" passivamente il testo. Per il resto il sarcasmo e l'amicizia sono sempre bene accetti 😁
Infatti il mio cacacazzi era riferito all'attenzione per tutti i particolari da parte del lettore, non era una critica.😎👍
 
Parte 10 - 1

Si erano fatte le undici di sera, quando Lucia si trascinò pesantemente sul vialetto di casa. Era successo tutto così in fretta che non riusciva ancora a crederci. Se non fosse riuscita a scagionare suo marito da quelle accuse, avrebbe rischiato di rovinare non solo la sua carriera, ma anche la sua vita. Senza contare che l’idea di Marco in carcere le lacerava il cuore. Ancor di più sapendo che era matematicamente impossibile che quella droga fosse davvero sua.
Nell’ingresso, si sfilò le scarpe e lasciò cadere a terra la valigetta. In casa sembrava non esserci nessuno, per cui Lucia di diresse in cucina, aprì il ripiano in alto sopra il lavandino e ne tirò fuori una bottiglia di whisky. Non era mai stata una gran bevitrice, ma in quel momento sentì di avere bisogno di qualcosa di più forte dell’acqua. Se ne versò un po’ in un bicchiere e lo scolò in un solo sorso. Il bruciore dell’alcool in gola le fece piovere addosso brutalmente tutto lo stress di quella giornata e si sciolse in lacrime.

“Va tutto bene?” la voce di Alim la colse alla sprovvista e Lucia tentò di asciugarsi il viso con la manica della maglia.
“Sì, sì. Sono solo un po’ stanca...” balbettò

Alim si appoggiò con una spalla all’anta del frigo e la squadrò con attenzione.

“A me non sembra.” aggiunse. Lucia si voltò verso di lui, rivelandogli gli occhi gonfi di lacrime.
“Gabriele?”
“È a letto, sta’ tranquilla. Ci siamo presi una pizza, poi abbiamo guardato un po’ di TV e l’ho messo a letto. Dorme da un’oretta ormai. Quindi possiamo parlare tranquillamente...”

Lucia annuì, tirando su col naso.
“Grazie. È che… che hanno preso Marco in custodia per possesso di droga e io non so come aiutarlo!” i singhiozzi tornarono a scuoterle il petto, impedendole quasi di parlare. Alim, allora, le si avvicinò e, per la prima volta, si arrischiò ad abbracciarla. La avvolse e la lasciò piangere contro il suo petto. Lucia si aggrappò a lui come ad una scialuppa, inspirando l’odore della sua pelle. Persino in quel momento, mentre piangeva per suo marito, non poté fare a meno di sentirsi terribilmente attratta da quell’uomo, dal suo corpo, ma soprattutto dalla sua gentilezza. Era incredibile come riuscisse a dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Eppure lei amava Marco, ne era sicura.
Si scostò di colpo da lui, come se la sua pelle l’avesse scottata all’improvviso, e si versò un altro bicchiere di whisky.

“Perché non ti siedi e mi racconti tutto? Sono sicuro che se ti calmi, riuscirai a vedere le cose più chiaramente...” suggerì Alim, indicandole il divano. Lucia inghiottì in un solo sorso anche il secondo bicchiere di whisky e poi, annuendo debolmente, si lasciò condurre.

“Aspetta un attimo...” disse poi “fammi tenere vicino il cellulare.”
Lucia frugò nella borsa, prese lo smartphone, controllò velocemente i messaggi. Quando sollevò lo sguardo si accorse che Alim la stava fissando.
“Scusa, è che ho lasciato il mio numero di telefono all’Ispettore, in caso ci fossero novità sul caso di Marco...”
“Non devi scusarti” sussurrò Alim dolcemente “lo capisco.”

Poi le posò una mano sulla schiena e la guidò verso il divano. Entrambi si sedettero e Lucia posò il cellulare per terra, accanto al bracciolo.

“Ancora non riesco a crederci. Marco non resisterà a lungo in detenzione. È così fragile...”
“Ehi...” Alim le sollevò il volto con una mano, in tono conciliante “stai tranquilla. Non ci resterà a lungo, ne sono sicuro. Perché non ti sdrai? Ti faccio un massaggio, sei così tesa.” aggiunse poi, in un sussurro. Lucia tentennò, non le sembrava una buona idea, ma i modi di Alim erano così rassicuranti che alla fine non poté fare a meno di accettare. Si stese a pancia in giù sul divano e Alim le salì a cavalcioni sulla schiena. Il contatto del suo corpo la fece rabbrividire.

“Adesso rilassati… penso a tutto io.” le mormorò in un orecchio. Il suo alito caldo che le accarezzava il collo la fece fremere e in un secondo sentì la fica diventarle bollente. Si morse il polso, ma quel dolore sottile non solo non la raffreddò, al contrario sembrò eccitarla ancora di più. Alim posò le mani sulle sue spalle, iniziando a massaggiarla vigorosamente. Lucia si lasciò sfuggire un gemito di piacere. Poi con le mani scese sulla schiena, le sollevò un po’ la maglia.

“Che fai?” chiese lei, con un filo di voce.
“Tranquilla...”

Alim continuò a massaggiarle la schiena e più premeva con le dita sulla sua pelle, più il suo membro reagiva a quel contatto. Nel giro di pochi minuti era completamente duro e Lucia poteva sentirlo contro la sua schiena. Inconsciamente si inarcò per sentirlo di più. Alim si sentì invitato a continuare; le sue mani scesero più in basso, massaggiandole con decisione i glutei. Lucia dovette mordersi più forte il polso. Da una parte si sentiva in colpa - il viso prostrato di suo marito come lo aveva visto quel pomeriggio alla stazione di polizia continuava ad apparirle davanti – eppure dall’altra sperava che le mani di Alim continuassero a sfiorarla, sempre più in basso, con sempre più forza. Quasi come se avesse intuito i suoi pensieri, il ragazzo passò a massaggiarle le gambe, dalle ginocchia alle cosce, ed ogni volta che la sua mano risaliva, si avvicinava pericolosamente all’inguine. Lo sfiorava e tornava giù. Lucia stava impazzendo. Il suo bacino implorava le mani di Alim in maniera sempre più evidente, seppur inconsciamente. La gonna le si andava sempre più arrotolando sui fianchi, lasciando scoperto un lembo di pizzo e le rotondità delle sue natiche. Anche Alim ora aveva iniziato ad ansimare piano. Con le dita le scoprì del tutto il sedere, glielo accarezzò a fior di pelle e Lucia trattenne il respiro. Poi Alim, con una leggera pressione del dorso della mano le fece allargare un po’ le gambe e, con il pollice, iniziò a sfregarle la vagina. Lucia sobbalzò a quel contatto, gli afferrò il polso e si voltò a guardarlo. Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi di voglia.

“Io non credo che dovremmo...” sussurrò. Alim si chinò sopra di lei e avvicinò il volto al suo.
“Non facciamo niente di male. Io voglio te e tu hai bisogno di rilassarti un po’.”
“Ma Marco...” tentò di ribattere Lucia, ma sentiva che le sue difese si abbassavano ineluttabilmente.
“Shhh” Alim passò a baciarle delicatamente il collo; dall’orecchio alle clavicole “non pensare a lui adesso...”
Lucia si aggrappò al bracciolo del divano. Sapeva che non avrebbe potuto resistere ancora a lungo.
“Alim, davvero, io...” la sua voce ora non era che un flebile sussurro. Alim continuava a baciarle il collo con una lentezza estenuante. Poi si fermò di colpo, e tornò con il volto vicinissimo al suo.

“Vuoi che mi fermi?” chiese. Lucia poteva sentire il suo respiro sul viso, il suo profumo, le sue mani che l’accarezzavano piano. Strizzò gli occhi e, incapace di trattenersi ancora, scosse la testa. Alim posò le labbra sulle sue e ce le tenne impresse in un bacio lunghissimo. Poi, con la lingua, si fece spazio nella sua bocca e continuò a baciarla con maggior vigore. Intanto con una mano le stringeva il seno, sfiorava il capezzolo che poteva sentire duro sotto le dita. Tornò a baciarle il collo, si soffermò sui seni, grandi e morbidi, che denudò della maglia e del reggiseno. Mentre li teneva stretti tra le mani, glieli baciava avidamente. Si tolse la maglia e la gettò a terra, poi le sfilò la gonna e le mutande. Sdraiato a pancia sotto, le afferrò saldamente i glutei e tuffò il viso sulla sua vagina. Le baciò il clitoride, iniziò a leccarlo delicatamente. Lucia, a quel contatto, sbarrò gli occhi e si lasciò scappare un mugolio di piacere. Alim la osservò con un sorriso e le fece cenno di non fare rumore; lei annuì e si morse il labbro. Poi Alim tornò a leccarle il clitoride. Prima piano, poi sempre più velocemente, alternando movimenti piccoli a rapidi a movimenti circolari, molto più lenti. Tra le sue mani, sentiva Lucia iniziare a fremere, scossa da brividi di piacere. Continuò a succhiarla, ingoiando ogni goccia dei suoi umori. Le infilò la lingua dentro, facendola entrare e uscire, mentre con le dita continuava a masturbarla. Lucia gli appoggiò una mano sulla testa, facendogli assecondare, con la lingua, i movimenti sempre più frenetici del suo bacino. Alim si pulì la bocca con il dorso della mano e la baciò. Sentire sulla bocca del ragazzo, il sapore della sua stessa fica, la fece eccitare ancora di più. Mentre la baciava, Alim le infilò dentro due dita e si godette, con movimenti lenti, il calore della sua fica. Poi ne infilò un altro. Poteva sentire i gemiti soffocati di lei sulle labbra e il suo cazzo si faceva sempre più duro. Le prese una mano e se la mise in mezzo alle gambe. Poi si portò alle labbra le dita con cui l’aveva appena penetrata e le succhiò voracemente.
Alim pensò di non aver mai visto nulla di più eccitante del viso di Lucia contratto in smorfie di piacere. Si slacciò la cintura e in un attimo si liberò dei pantaloni e delle mutande. Il suo membro svettava enorme e turgido su di lei. Glielo passò sulla vagina umida, avanti e indietro, lubrificandolo dei suoi umori. Poi si fece spazio dentro di lei solo con la cappella.

“Cazzo, quant’è stretta...” si lasciò sfuggire, in un mormorio eccitato. Fece entrare ed uscire la cappella, per dilatare la fica, abbastanza da non farle troppo male. Continuava a sentirla stringersi sulla punta del suo cazzo. Avanti e indietro. Lucia gemeva sempre più forte e i muscoli sulla schiena di Alim erano talmente contratti da sembrare incisi nella pietra. Si aggrappava alle cosce di lei, affondando le dita nella carne, per trattenersi dallo sfondarla in un colpo solo, tanta era la voglia che aveva di scoparsela.

“Alim, ti prego, mettimelo dentro!” sussurrò lei, stremata.


Con le manette ai polsi, intanto, Marco veniva scortato da due poliziotti nella sala comune della prigione, dove lo avrebbero tenuto in attesa del processo. Si guardò attorno, cercando di nascondere la paura che gli stringeva lo stomaco. Attorno a lui vedeva solo facce minacciose. I poliziotti gli liberarono le mani e lo abbandonarono accanto all’ingresso. Marco avvertì il tonfo della porta alle sue spalle, forte come la detonazione di una bomba. Si chiese cosa ci facesse lì; lui, esile, curvo, tremante, risultava davvero fuori luogo. Fece qualche passo, si sistemò gli occhiali che continuavano a scivolargli sul naso per via del sudore, cercando di non guardare in faccia nessuno. In fondo sarebbe dovuto sopravvivere solo qualche giorno lì dentro. Mentre si avvicinava ad uno dei tavoli, con la coda dell’occhio scorse tre figure avvicinarglisi. Lì per lì fece finta di niente, sperando che si allontanassero, se non dava loro corda. Ben presto si rese conto che invece ce l’avevano proprio con lui. I tre lo accerchiarono, torreggiando su di lui. Marco deglutì a fatica e decise di alzare lo sguardo su di loro per dire che non voleva problemi. Fece appena in tempo ad incrociare i loro sguardi, a notare che avevano la pelle scura e un teschio in mezzo al filo spinato tatuato sul braccio, che lo scintillio di una lama cancellò ogni altro pensiero. Lo colpirono in pieno stomaco.

Alim, in quello stesso istante, con un colpo potente di reni, penetrò Lucia. Le infilò dentro il suo cazzo enorme. La sua fica stretta era abbastanza bagnata da poterle entrare dentro in un colpo solo. Lucia si inarcò all’indietro, tappandosi la bocca con una mano.

“Oh sì, cazzo! La sento tutta!” ringhiò lui, invaso dal piacere.
“Oddio!”
Lucia, abituata alle dimensioni di Marco – decisamente più ridotte – sperimentò un dolore così forte che pensava si sarebbe spaccata a metà.

Marco strabuzzò gli occhi. Ci mise qualche istante a rendersi conto di cosa stava succedendo realmente. Si appoggiò con una mano all’uomo che gli stava di fronte e che gli aveva sferrato il primo colpo e rigettò un fiotto di sangue. Era il dolore più forte che avesse mai sentito in vita sua.

Alim rimase per un attimo fermo dentro di lei, poi, afferrandola saldamente per le cosce iniziò a scoparla. Entrava e usciva lentamente, per farle sentire il cazzo in tutta la sua lunghezza. Lucia si aggrappò al divano con più forza. All’inizio sentiva solo dolore. Ogni affondo era come una pugnalata. Le pareti strette della sua vagina si contraevano e tutto il suo corpo era scosso da violenti spasmi. Alim fece colare un rivolo di saliva sul clitoride di lei, gonfio di piacere e iniziò a massaggiarglielo freneticamente.

“Sì, continua così, ti prego...” ansimò.
“Ti piace?” le chiese lui, continuando a sfregarle vigorosamente il clitoride, sbattendo il cazzo fino in fondo alla vagina ogni volta che la penetrava e guardandola fissa negli occhi. Lucia sentì una scarica percorrerle tutto il corpo. Incapace di parlare per i gemiti che le bloccavano il respiro, annuì con forza.
“Mi fa impazzire la tua fica, Lucia, è così stretta” continuò Alim, mugolando di piacere.
“Scopami così… più forte! Dio!!!” Più Alim la scopava, più il piacere che lei iniziava a provare si faceva intenso; quasi insopportabile.

Il dolore di Marco era insopportabile, gli sbatteva nelle pareti del cranio. Uno dei tre uomini gli tappò la bocca per impedire che li facesse scoprire, mentre un altro gli assestò un secondo colpo nelle reni. Ogni volta che estraevano le lame dal suo corpo, Marco sentiva come se gli stessero portando via un pezzo. Sentiva il sangue iniziare a colargli lungo il corpo e continuava a sputare sangue. Un terzo colpo e poi un quarto. Le lame entravano ed uscivano dal suo corpo, offuscandogli la vista di un dolore lancinante. Cadde sulle ginocchia, incapace di respirare.

Lucia sentiva quel membro enorme e durissimo fino contro l’utero. Il dolore ora era quasi del tutto scomparso e lei faceva fatica a contenere i gemiti. Alim tirò fuori il cazzo venoso e glielo sbatté sulla vagina, facendola sobbalzare.

“Non ti fermare! Ti prego non ti fermare!” gridò Lucia, aggrappandosi alla sua schiena, graffiandolo. La sua fica ora era completamente aperta. Alim le sfregò la cappella sul clitoride, poi la spinse dentro appena, per assaporare il suo calore sul glande gonfio di piacere e poi riaffondò di nuovo con forza dentro di lei. Entrarle dentro era una sensazione ogni volta più intenso.
“Oddio, sì! Sì! Voglio sborrarti dentro!” grugnì Alim, continuando a scoparla con tutte le sue forze; la fronte imperlata di sudore, le spalle tese, i muscoli contratti per lo sforzo.
“Sì, sì, sì! Vienimi dentro, basta che non ti fermi! Ti prego, sto godendo da morire!” Il ragazzo le premette una mano sulla bocca e lei si aggrappò al suo braccio, guardandolo con le pupille dilatate. Alim, sentendola godere così tanto e sentendo la sua fica stringerglisi attorno al pene, iniziò a sbatterla ancora più forte. Nel salotto silenzioso risuonava solo il rumore dei fianchi di Alim sbattere violentemente contro quelli di lei, i suoi grugniti repressi tra i denti e i gemiti di lei che assomigliavano sempre di più a delle urla soffocate. Alim la baciò con foga e Lucia si aggrappò alle sue natiche di marmo, spingendolo ancora più dentro di lei. I gemiti di entrambi si persero tra le loro labbra.

Marco era ormai senza più forze. Non riusciva più a capire quanti colpi gli avessero inflitto. Sentiva soltanto un dolore diffuso in tutto il corpo, come se tutti i suoi organi interni stessero cedendo. Avrebbe voluto gridare, ma non gli sarebbe uscito un suono. Una coltellata doveva avergli perforato un polmone e ora, anche solo respirare era diventato incredibilmente doloroso. Sollevò gli occhi, nel tentativo di implorare pietà, ma uno dei tre uomini – che non riusciva più a vedere, per via della vista sempre più offuscata – gli assestò un ultima violenta pugnalata nella schiena.

Un ultimo, deciso colpo di bacino ed Alim venne dentro di lei, soffocando un ruggito di piacere nel suo collo. Anche Lucia, stringendo le gambe intorno al suo bacino, fu scossa da un orgasmo deflagrante. Rimasero per qualche istante in silenzio, Alim ancora dentro di lei, tremanti di piacere, madidi di sudore.

In quello stesso momento, a chilometri di distanza, Marco giaceva a terra in un lago di sangue, con gli occhiali storti sul naso e le palpebre ancora spalancate.

Alim, ancora sopra di lei, si lasciò sfuggire uno sguardo al cellulare di Lucia. Lo schermo si era illuminato e continuava a vibrare. Quando tornò silenzioso, Alim notò che c’erano altre tre chiamate perse. Dopo qualche istante riprese a squillare. Alim non disse niente e tornò a rivolgere lo sguardo su Lucia, che ad occhi socchiusi si gustava l’eco del piacere.

Prossimamente la conclusione.....
 
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