Esperienza reale Il weekend del ritorno

Er_dandi

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Ciao a tutti, sono Marco (nome di fantasia), da tempo ho una relazione con Francesca (nome di fantasia) relazione molto aperta e davvero senza limiti. Di seguito una storia realmente accaduta tempo fa con un suo vecchio “amico”, la storia è un po’ romanzata ma reale, fatemi sapere se vi piace.

Era un gioco. Almeno all’inizio.
Io e Francesca avevamo sempre avuto una mentalità aperta. Il sesso, per noi, non era solo piacere: era complicità, esplorazione, libertà. E quando mi parlò di quel Gianni — l’amico, l’ex, il tipo che una volta l’aveva scopata e che ora gestiva un boutique hotel sulle colline — non sentii gelosia. Sentii solo curiosità. E desiderio.
«Andiamo da lui per il weekend», mi aveva detto. «Ci rilassiamo. E magari… giochiamo un po’.»
Non ci misi molto a capire cosa intendesse. E l’idea mi accese come poche cose.
L’hotel era bellissimo, raffinato, tutto legno, pietra e profumi caldi. Gianni ci accolse con un sorriso che cercava di essere professionale, ma quando vide Francesca, gli tremò appena la voce. Aveva quel modo di guardarla… come se stesse ricordando tutto.
Quella sera, nella nostra suite, Francesca si preparò con calma. Tacchi, calze autoreggenti, reggicalze, un completino di pizzo nero che lasciava intravedere il seno, i capezzoli tesi. E quello sguardo… maledettamente provocante.
«Chiama Gianni», mi disse, con un sorrisetto da porca consapevole. «Digli che la doccia si è rotta. Che abbiamo bisogno di lui.»
Obbedii. Sentivo il cuore martellare. Il cazzo già duro.
Tre colpi alla porta. Entrò.
«Tutto bene? Mi avete chiamato per—»
Si bloccò. Occhi fissi su di lei. Francesca, seduta sul bordo del letto, gambe accavallate, il seno quasi completamente in vista, lo guardava come se fosse un dessert. Gianni cercò di distogliere lo sguardo. Invano.
«Oh… scusa, pensavo ci fosse solo Marco», disse, cercando di sorridere.
Francesca rise piano. «Non è un problema, no? Noi siamo molto… rilassati.»
Io restai in piedi, a pochi passi. Non dissi nulla. Mi piaceva guardare. Vedere come lo stava provocando, come gli si avvicinava lentamente, il pizzo che lasciava intravedere il culo quando si piegava leggermente.
«Ti ricordi quando venivo da te e ti aprivo in vestaglia?» gli sussurrò. «Allora non avevo nemmeno le mutandine.»
Lui restò immobile. Ma il gonfiore nei pantaloni parlava chiaro.
Francesca gli si avvicinò, lo guardò negli occhi, poi mi lanciò uno sguardo. Il nostro segnale.
«Marco non è geloso», gli sussurrò all’orecchio. «Anzi. Gli piace vedermi… godere.»
Francesca si avvicinò ancora di più a Gianni, gli prese una mano e se la posò sulla coscia nuda, appena sopra il bordo delle autoreggenti. Lui era pietrificato. Sapeva che non avrebbe dovuto. Era sposato, cazzo. Ma davanti a sé c’era Francesca, in tutta la sua potenza erotica, con il culo perfetto in mostra, i capezzoli duri sotto il pizzo trasparente e quella voce che sapeva ancora come fargli perdere la testa.
«Ricordi come mi toccavi?», sussurrò. «Puoi rifarlo. Con lui qui. A guardare.»
Mi guardò di nuovo, e io annuii piano, sentendo il cazzo pulsare sotto i pantaloni.
Gianni le prese il viso con una mano, quasi incredulo, e la baciò. Un bacio carico di fame, lungo, profondo. Francesca gli montò sopra mentre era ancora in piedi, avvolgendo le gambe attorno alla sua vita, strofinandosi contro di lui come se volesse sentire ogni centimetro della sua eccitazione.
Io mi sedetti sulla poltrona davanti al letto, sbottonando i pantaloni, lasciando che il mio cazzo uscisse duro, gonfio. Lo afferrai mentre li guardavo. Vederla così, tra le braccia di un altro, consenziente, senza gelosia, era una dannata esplosione di lussuria.
Gianni la posò sul letto e le aprì le gambe con urgenza, baciandole le cosce, la pancia, i seni. Francesca gemeva già piano, con quel suono che conoscevo bene: il piacere che saliva, il desiderio che la stava inondando.
«Toglile quel pizzo», dissi a voce bassa.
Lui lo fece, lentamente. Francesca ora era nuda sotto di lui, bagnata, pronta.
«Leccala», ordinai.
E lui obbedì.
La sua lingua si fece strada tra le labbra gonfie di Francesca, che si arcuava, si mordeva le labbra, mi guardava. Io continuavo a masturbarmi, più duro che mai, godendo del fatto che la mia donna stesse venendo con un altro.
Quando Gianni si alzò per liberarsi dei pantaloni, Francesca si girò verso di me e mi fece cenno di avvicinarmi. Mi alzai e le portai il mio cazzo tra le labbra. Lo prese subito in bocca, affamata. Le sue mani tremavano di eccitazione.
A quel punto, Gianni la prese da dietro. Entrò in lei con un gemito trattenuto, spingendo con forza mentre Francesca aveva il mio cazzo in gola. Era tra noi, usata, adorata, al centro di tutto.
Era perfetto.
Francesca gemeva con il cazzo in bocca, mentre Gianni la prendeva con foga da dietro, le mani strette sui fianchi. Io le accarezzavo i capelli, il viso, guardandola godere in un modo che non avevo mai visto.
Poi la facemmo girare. La misi sopra di me sul letto, e Gianni si sistemò dietro. Entrammo in lei insieme, io nella sua figa, lui nel suo culo. Francesca urlò, ma non di dolore. Di puro, sconvolgente piacere. Era un amplesso a tre che sembrava un rito, un’orgia di corpi, desideri e pelle.
Ero al limite. Quando venni, lo feci mentre lei era ancora stretta su di me, con Gianni che le veniva addosso dietro, ansimando. Ci lasciammo cadere, nudi, sudati, confusi e appagati.
Francesca rideva piano, accarezzandoci entrambi.
«Forse dovremmo fare weekend del genere più spesso», sussurrò.
 
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