Esperienza reale Racconto di fantasia Ho deciso di pubblicare i miei Racconti Erotici

Marshmellow

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🔴 Esibizione a cena – Parte 1

Era una sera di primavera, il centro di Bologna era pieno di gente e il ristorante che avevo scelto aveva i tavoli all’aperto, perfetto per godersi l’atmosfera.

Lei camminava accanto a me con sicurezza, indossando solo una giacchetta stile smoking, elegante e raffinata. Nulla sotto. Non lo avevo ancora notato, ma l’avrei scoperto presto.

Ci sedemmo. Lei incrociò le gambe con calma, poi, senza fretta, slacciò la giacca e la aprì leggermente.

Solo dopo qualche secondo mi accorsi di ciò che aveva fatto. Non c’era nessuna camicia, nessun top. Il tessuto lasciava intravedere la pelle nuda, e bastava un piccolo movimento in più per esporla del tutto.

Trattenni il respiro, sentendo subito un brivido lungo la schiena. Un calore crescente si fece strada dentro di me, e sotto il tavolo il tessuto dei miei jeans iniziava a tendersi in modo inequivocabile.

Lei fece finta di niente.

Sfogliò il menu con tranquillità, poi sollevò lo sguardo verso di me.

«Hai già scelto?»

Deglutii. «Non ancora.»

Lei si mosse appena sulla sedia e, con naturalezza, allargò di più la giacca. I lembi si aprirono quel tanto che bastava a far emergere i suoi capezzoli turgidi, liberi nell’aria fresca della sera.

Sentii il mio respiro farsi più pesante, il mio corpo rispondere a quella visione con un’eccitazione crescente. Sotto il tavolo, il mio jeans si faceva sempre più stretto, il desiderio pulsante e difficile da ignorare.

Mi accorsi subito che non eravamo soli a notarlo.

A pochi metri da noi, tre ragazzi erano seduti a un altro tavolo. Due di loro sembravano distratti, ma il terzo aveva lo sguardo fisso nella nostra direzione. Lo distolse solo quando incrociò il mio, abbassandolo sul suo bicchiere.

Lei sembrava non accorgersene.

Prese un pezzo di pane dal cestino al centro del tavolo e lo spezzò lentamente tra le dita, con un gesto quasi distratto. Mentre lo portava alla bocca, aprì ancora un po’ la giacca con la mano libera, lasciando che i capezzoli si mostrassero per un istante in più prima di richiuderla appena.

Fu un attimo, ma abbastanza lungo perché gli sguardi dei ragazzi si incollassero su di lei.

Io non riuscivo a muovermi, il cuore che batteva sempre piĂą forte, il desiderio che cresceva a ogni suo gesto.

Poi arrivò il cameriere.

Un ragazzo giovane, sulla ventina, con il blocchetto in mano e un sorriso educato.

«Buonasera, avete già dato un’occhiata al menu?»

Lei sollevò appena lo sguardo.

«Io sì, ma forse lui deve ancora scegliere.» Si voltò verso di me con un’espressione tranquilla, come se nulla fosse.

Il cameriere annuì, prendendo nota del mio ordine. La sua voce era ferma, ma i suoi occhi tradivano una leggera esitazione. Cercava di restare concentrato, ma ogni tanto i suoi occhi tornavano lì, rapidi, furtivi.

Lei si prese il suo tempo.

«Non saprei…» fece scorrere le dita sul menu, poi, senza alcuna fretta, aprì di nuovo la giacca quel tanto che bastava per far emergere ancora i suoi capezzoli.

Sentii un brivido percorrermi la schiena. L’eccitazione era ormai incontrollabile, il mio respiro più pesante, il desiderio sempre più forte.

Il cameriere si schiarì la gola, abbassando lo sguardo sul blocchetto.

«Posso consigliarle qualcosa?» chiese, con voce leggermente incerta.

Lei annuì. «Sì, mi dica…»

Lui iniziò a elencare alcune portate, cercando di mantenere la professionalità. Lei ascoltò con attenzione, poi, come se nulla fosse, riaprì ancora la giacca mentre fingeva di sistemarsi sulla sedia.

Il cameriere esitò un istante, la sua voce più incerta, il suo sguardo che lottava per rimanere sul blocchetto.

Il desiderio mi bruciava dentro. L’eccitazione era tale che mi sentivo sul punto di perdere il controllo.

Il cameriere finì la sua lista con un cenno rapido. Lei sorrise.

«Va bene, prendo questo.»

Il ragazzo annuì velocemente, prese nota e si allontanò quasi subito.

Lei rimase tranquilla, giocherellando con il bordo del tovagliolo.

Mi guardò appena. «Sembra un posto carino.»

Cercai di rispondere normalmente. «Sì.»

Lei fece un movimento distratto con il polso, aprendo la giacca ancora una volta, lasciando che gli sguardi continuassero a posarsi su di lei.

Il desiderio dentro di me era ormai insostenibile. La tensione nel mio corpo era al limite.

Continua…
 
🔴 Esibizione a cena – Parte 2

Il mio respiro era irregolare, il desiderio pulsava sempre più forte dentro di me. Lei lo sapeva, lo percepiva, eppure continuava a giocare, mantenendo quell’espressione serena e quasi innocente, come se nulla di tutto ciò fosse intenzionale.

Dall’altra parte del ristorante, i tre ragazzi al tavolo non si erano ancora distratti da lei. Uno in particolare sembrava essersi completamente dimenticato della cena, mentre i suoi amici chiacchieravano senza accorgersi del suo sguardo fisso.

E poi c’era il cameriere.

Dopo pochi minuti tornò, stavolta con un vassoio tra le mani. La sua postura era impeccabile, ma i suoi occhi parlavano da soli. Fece di tutto per mantenere lo sguardo sul tavolo, sul cibo, sul blocchetto degli ordini. Ma la tensione era tangibile.

Lei se ne accorse.

Mentre lui posava con precisione i nostri piatti davanti a noi, si sistemò sulla sedia, con un movimento lento e quasi impercettibile. Il tessuto della giacca si aprì di nuovo, appena un po’, ma abbastanza.

Questa volta non fu un gioco riservato solo a me.

Vidi il cameriere irrigidirsi per un istante, il respiro che si spezzava mentre abbassava lo sguardo sul piatto con una concentrazione innaturale. Fu un attimo, un battito di ciglia, ma lo notai chiaramente.

«Ecco a voi. Buon appetito.»

La sua voce tradiva una nota di incertezza, appena percettibile, come se cercasse di nascondere qualcosa.

Lei sorrise.

«Grazie.»

Il ragazzo annuì, ma prima di girarsi, fu impossibile per lui non lanciare un altro sguardo fugace. Rapido, colpevole.

E lei lo lasciò fare.

Attese che lui si allontanasse di qualche passo prima di guardarmi di nuovo.

«Hai visto?» sussurrò, con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Deglutii, cercando di tenere la voce ferma. «L’ho visto.»

Lei prese la forchetta e iniziò a giocherellare con il cibo, senza distogliere lo sguardo da me.

«Ti ha dato fastidio?»

Il suo tono era innocente, ma i suoi occhi dicevano altro.

Scossi appena la testa. Il mio corpo diceva il contrario.

Lei abbassò lo sguardo sul piatto, poi fece qualcosa di completamente inaspettato.

Sollevò una forchettata di cibo e la portò alle labbra con lentezza esasperante. Le sue labbra si chiusero attorno ai rebbi con un gesto languido, mentre la sua lingua sfiorava appena il metallo prima di ritirarsi.

Un gesto innocente, ma fatto in quel modo…

Mi irrigidii sulla sedia, incapace di distogliere lo sguardo.

«Sembra buono,» sussurrò. «Dovresti assaggiare.»

La mia mano tremava leggermente quando presi la mia forchetta. Ma prima che potessi portarla alla bocca, lei parlò di nuovo.

«Chissà se il cameriere sta ancora guardando.»

Alzai gli occhi su di lei, trovando un lampo di pura malizia nel suo sguardo.

Non mi voltai. Non volevo sapere.

Lei lo fece al posto mio.

Sfiorò il bordo del bicchiere con le dita, poi sollevò lo sguardo verso il bancone del ristorante. Non so cosa vide, ma il suo sorriso si allargò leggermente.

«Sta cercando di non farlo,» sussurrò.

Un’ondata di calore mi attraversò. Lei era spudorata, ed era proprio questo che mi stava facendo impazzire.

Senza dire altro, tornò a mangiare, tranquilla, come se tutto fosse normale.

Io?

Io non riuscivo più a pensare a nient’altro se non a cosa sarebbe successo dopo.

Continua…
 
🔴 Esibizione a cena – Parte 3

La cena proseguì, o almeno, così sembrava per chiunque ci osservasse. Lei mangiava con tranquillità, ogni suo movimento studiato con una leggerezza quasi naturale. Ma io sapevo che ogni piccolo gesto aveva un preciso scopo.

Ogni volta che portava il bicchiere alle labbra, il suo polso faceva un piccolo movimento, aprendo leggermente di piĂą la giacca. Ogni volta che prendeva una forchettata, inclinava il busto in avanti quel tanto che bastava a far intravedere ancora di piĂą la pelle nuda sotto il tessuto.

Io non riuscivo a concentrarmi su nulla. Il cibo era l’ultimo dei miei pensieri. La guardavo, osservavo ogni sua mossa, il modo in cui la sua lingua sfiorava il bordo del bicchiere, il modo in cui giocherellava con il tovagliolo tra le dita, come se fosse perfettamente consapevole dell’effetto che aveva su di me.

E poi, c’era lui.

Il cameriere continuava a passare accanto al nostro tavolo con una frequenza sospetta. Ogni volta con una scusa diversa: controllare se tutto fosse di nostro gradimento, riempire il bicchiere d’acqua, ritirare un piatto vuoto. Ma il suo sguardo lo tradiva sempre.

Lei lo vedeva. E lo lasciava fare.

Ad un certo punto, mentre finiva l’ultimo boccone, si voltò verso di me con un sorriso soddisfatto.

«Oggi sono stata davvero bene,» sussurrò, abbassando la voce quel tanto che bastava a farmi rabbrividire.

«Sì, sono stato davvero bene anche io,»

«Ti è piaciuto?» rispose lei con un tono che sembrava essere ambiguo.

Deglutii a fatica. «Penso che dovremmo chiedere il conto.»

Lei ridacchiò piano, compiaciuta. «Forse hai ragione.»

Sollevò la mano, richiamando l’attenzione del cameriere. Lui si avvicinò quasi subito, cercando di mantenere la compostezza, ma io notai il lieve tremolio delle sue dita mentre estraeva il blocchetto.

«Posso portarvi il conto?» chiese, la voce leggermente incerta.

«Sì, grazie,» rispose lei con dolcezza.

Mentre il cameriere annotava qualcosa sul blocchetto, lei si sporse leggermente in avanti, come per prendere un ultimo sorso dal bicchiere. Un piccolo movimento, appena accennato. Eppure, bastò.

Vidi il ragazzo abbassare lo sguardo per un istante, poi distoglierlo di scatto, tornando a concentrarsi sulla ricevuta.

Lei si ritrasse con calma, come se nulla fosse, e mi guardò con un sorrisetto.

Così esclamai: «Penso che se lo ricorderà per un bel po’.»

Lei ridacchiò piano, giocando con il bordo del tovagliolo.

Il cameriere tornò poco dopo con il conto e lo posò sul tavolo con un cenno rapido. Non disse nulla, ma il rossore sulle sue guance diceva abbastanza.

Io presi il portafoglio, mentre lei rimaneva a fissarmi, divertita.

Consegnai i contanti, e il cameriere li prese con una certa fretta, come se volesse uscire il prima possibile da quella situazione.

«Grazie, buona serata,» disse, abbassando lo sguardo.

Lui si allontanò, e lei si alzò con calma, sistemando la giacca sulle spalle ma senza abbottonarla. Mi lanciò un’occhiata, il suo sguardo acceso di malizia.

«Andiamo?»

Annuii, cercando di ignorare la tensione nel mio corpo. Sapevo che la serata non era ancora finita.

Continua…
 
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