felixquinn
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SCENA 1
La luce del pomeriggio filtrava appena attraverso le persiane chiuse. Un raggio obliquo illuminava una piccola porzione del pavimento in legno, riflettendosi sui bordi di una scatola di cartone semi-aperta. Dentro, abiti ammassati in modo disordinato: magliette piegate a metà, jeans arrotolati, qualche maglione.In casa c’era un silenzio assordante mentre Mario e Lara si davano da fare per recuperare vestiti e altro dagli armadi e dalle cassettiere.
Mario sollevò un altro paio di camicie dal comò e le mise nella scatola, senza guardarle davvero. Aveva le mani ferme, i gesti misurati, cercava di essere freddo ma dentro sentiva un nodo sempre più stretto. Alle sue spalle, Lara stava fissando la parete, le braccia conserte e i capelli lunghi che le scivolavano come una cascata dorata lungo la schiena. Il viso lievemente rigato dalle lacrime.
Il silenzio era teso, denso di parole non dette.
«Stai prendendo anche le foto?» chiese lei a bassa voce, senza girarsi.
Mario sospirò piano. «No, quelle se vuoi rimangono qui. Questa è la nostra stanza. Lo studio è piccolo, non avrei molto spazio dove appoggiare cose e non voglio portarmi via troppo.»
«Come preferisci.» La voce di Lara era quasi un sussurro. Poi si voltò lentamente, i suoi occhi verdi erano cerchiati di stanchezza e di tristezza. «Non pensavo saremmo mai arrivati a questo punto.»
Lui si fermò, appoggiando le mani al bordo della scatola. Avrebbe voluto dirle che neanche lui l’aveva mai pensato. Che quella casa l’avevano sognata insieme, immaginata come un rifugio dal mondo, lontano dalle aspettative delle loro famiglie. Costruita pezzo per pezzo scegliendo ogni mobile, ogni decoro nemmeno tanti mesi fa. Ma ormai le parole erano diventate trappole: ogni frase detta sembrava contenere un’accusa implicita o una tristezza insostenibile.
Mario la guardò, cercando di trattenere qualcosa che sembrava stargli per sfuggire. «Lara, questa è solo una pausa. È quello che ci serve, no? Restare qui ma… dare a entrambi un po’ di spazio. Amore lo sai che non possiamo andare avanti così, non sei felice.»
Lei annuì, ma le lacrime le brillavano agli angoli degli occhi. «Sì, lo so. È solo che…» Fece un respiro tremante. «Mi sembra di fallire due volte: con te e con me stessa.»
Si fece avanti e, per un istante, le prese la mano. Il contatto era familiare e allo stesso tempo stranamente distante. Le loro dita si incrociarono. «Non è un fallimento. Forse è solo un modo diverso per provare a far funzionare le cose. Io ho provato in ogni modo a renderti felice ma in questo momento evidentemente hai bisogno d’altro. Me l’hai chiesto tu.»
«Lo so, lo so. Non è una cosa che viene da te, sono io così. Non sai quanto mi devasti sapere che mi ami, che ti amo, eppure non riuscire a essere felice. Fa male sai? E fa male anche sapere che ti faccio del male, ma non so davvero come altro fare»
Mario stava per dire qualcosa ma Lara continuò, quasi presa da agitazione.
«Non posso pensare di vivere senza di te, di rinunciare a te. Ma ora so che ho solo bisogno di tempo da sola, per capirmi, per risolvere quello che ho dentro, quello che sento»
«Proviamoci. Proviamole tutte. Io sono convinto che ne usciremo più forti, più uniti». Si avvicinò a lei e la baciò lievemente sulle labbra. Una lacrima scese dal viso di entrambe.
Lara lo fissò con un misto di speranza e dolore. «E se non funziona nemmeno questo?»
Mario non rispose subito. Guardò fuori dalla finestra, oltre le tende, dove il giardino si stendeva in un intrico di piante selvatiche che avrebbero dovuto sistemare in questi giorni. Poi si voltò di nuovo verso di lei. «Non pensiamoci ora. Se succederà allora lo scopriremo. Ma almeno ci avremo provato. E affronteremo insieme tutto come l’abbiamo sempre affrontato»
La stretta delle loro mani si allentò lentamente. Lara tornò a guardare le scatole sul pavimento. Dentro, insieme ai vestiti, c’erano anche altri ricordi che Mario aveva tenuto, biglietti di concerti, qualche cianfrusaglia che avevano raccolto negli anni. Era sempre stato una sorta di accumulatore seriale, voleva conservare tutto del loro tempo passato assieme. Ricordi che ora sembravano pesare tonnellate.
«Va bene,» disse lei, tirando su col naso. «Tu prendi lo studio. Io resterò qui. Magari… sarà più semplice di quanto pensiamo.»
Mario fece una smorfia che avrebbe dovuto somigliare a un sorriso. «O magari sarà un casino totale.»
Questa volta, una risata amara le sfuggì dalle labbra. «Sì, probabilmente. Non so come riusciremo a stare in pausa vedendoci tutti i giorni, ma è davvero l’unico modo. Qualunque altra cosa sarebbe troppo complicata. La faremo funzionare» Poi si girò e prese un altro mucchio di vestiti dall’armadio, piegandoli con una cura quasi ossessiva.
Il suono delle loro vite che si separavano sotto lo stesso tetto era così sottile da sembrare irreale. Due persone che si amavano ancora, ma che non riuscivano più a trovare il modo di far combaciare i pezzi.
Mario prese il suo ultimo paio di scarpe e chiuse la scatola. «Stasera ordiniamo una pizza? Come… come due coinquilini qualsiasi?»
Lara si voltò verso di lui, un’ombra di malinconia attraversandole il viso. «Sì. Coinquilini che una volta si amavano.»
«O che forse si amano ancora,» aggiunse lui, lasciando la frase sospesa nell’aria, come un ponte fragile tra due mondi ormai distanti.
Fece per uscire dalla stanza, la scatola tra le braccia.
«Aspetta» disse Lara e si fiondò su di lui. Mario appoggiò le scatole e la strinse a sé, i loro respiri pesanti. I loro visi si avvicinarono e incominciarono a baciarsi. Dolcemente, come due innamorati che si salutano prima di un viaggio che li terrà lontani per un po’.
«Ti amo» si dissero. E risero.
Varcò la soglia, sapendo che nulla sarebbe più stato come prima.
Appoggiò le scatole nello studio, avrebbe iniziato a sistemarle dopo. Si guardò attorno. Quel piccolo studio sarebbe diventato la sua camera per qualche tempo. Quel piccolo studio con la finestra che dava sull’ingresso, con i mobili in legno chiaro, che doveva essere la stanza in più. Quella di un possibile futuro bambino. Mario si lasciò andare di schianto sul divano letto. La casa rimase in silenzio mentre i pensieri dei due vagavano in mille direzioni diverse
SCENA 2
«Ma quando saremo in pausa potremo ancora preparaci una pizza e guardarci un film come stasera? » Mario cercava di capire come si sarebbero organizzati. Ancora non poteva credere di rinunciare a tutto questo«Beh magari no, almeno non ora. Dobbiamo davvero cercare di impegnarci e di lasciare a ognuno spazio. Se no non ci servirà assolutamente a nulla. Magari più avanti si vedrà». Lara sembrava avere le idee chiare, o per lo meno più chiare rispetto allo spazio che voleva.
«Ma scusa quanto andrà avanti, ci diamo un termine? »
«Amore non lo so, non lo so davvero. Non diamoci termini, non diamoci tempi. Prendiamo il tempo che ci serve per capire. Lo sai ne abbiamo già parlato, ti prego non ritiriamo tutte le volte fuori questo argomento. Se è una pausa è una pausa. Oggi ne abbiamo parlato e abbiamo preso la decisione, da domani portiamola avanti e vedremo dove ci condurrà ». Lara iniziava a dare segni di stanchezza. Si strinse a Mario che rimaneva in silenzio. Non era facile per lui capire tutto questo, ma sapeva anche lui che ora come ora non c’erano alternative. O mandavano tutto all’aria o ci provavano così. Anche se lui non era mai stato convinto delle pause.
«Va bene amore mio. Ce la faremo, vedrai ». Mario cercò di recuperare un po’ di convinzione e le diede un bacio sulla fronte.
«Ecco, so che è difficile, ma magari da domani dovremmo anche riuscire a smettere di chiamarci amore. Siamo due coinquilini. Prendiamola come una sorta di gioco di ruolo. Non è facile neanche per me » gli disse guardandolo con i suoi occhi verdi, lievemente umidi.
Ogni parola per Mario era un tonfo. Era come se gli venissero man mano tolti dei pezzi. Non si potrà fare più questo, né questo, né quell’altro. Pensò al suo corpo. Al non poterlo vedere, toccare, annusare. Si sentii sprofondare
«Due coinquilini possono fare così? » e allungò la mano per toccarle i seni. Lara gli diede una piccola sberla giocosa sulla mano lasciandosi andare a una lieve risata.
«Direi proprio di no, che dici? Non saremo friends with benefits se questo intendi. Dai fai il serio, è una cosa seria. Davvero». Lara lo guardò con un misto di sorriso e supplica che intenerì Mario. Come avrebbe fatto senza stringerla a sé ogni notte.
«Però saremo in pausa da domani, giusto?» chiese Mario
«Cosa intendi?» lo guardò con aria interrogativa iniziando a sospettare dove volesse andare a parare.
«Quindi se adesso ti bacio sul collo tipo così» e le diede un lieve bacio scostandole i lunghi capelli biondi, Lara fu scossa da un lieve brivido. «Oppure se ti sfioro le guance con le dita così» disse prendendole il viso. Lara emise un lieve sospiro. Come avrebbe fatto senza quelle mani. «O se lascio scivolare la mia mano lungo la tua schiena così, in fondo sono ancora il tuo ragazzo per oggi» La sua mano si infilò sotto la maglietta e con le dita percorse la schiena nuda di Lara.
Mario cercava di alleggerire la tensione, ma allo stesso tempo era preso da un desiderio fortissimo di lei. La paura di non averla più aveva preso il sopravvento. Lara si abbandonò a quelle carezze, a quelle mani. Sapeva che forse non era il caso ma se davvero dal giorno dopo tutto sarebbe finito, o messo in pausa come si dicevano, non poteva pensare di non sentirle un’altra volta.
Si diedero un bacio, con un misto di tenerezza, passione e tristezza. Entrambi sapevano che poteva essere l’ultima volta. Mario prese Lara per mano e senza dire niente la portò su per le scale nella loro camera, in quella che era la loro camera, che ora era diventata camera di Lara. Si spogliarono rapidamente e sotto le lenzuola ripresero a baciarsi con passione.
Lara allargò le gambe e lasciò che le dita di Mario iniziassero ad accarezzarla. Era sempre stato bravo con le dita, lei si bagnava subito. I suoi respiri divennero più affannosi, iniziando a emettere qualche leggero mugolio di piacere. Mario scese lungo l’ombelico con piccoli baci fino a trovare il suo viso immerso tra le sue gambe. Con la punta della lingua iniziò a fare piccoli cerchi, poi a percorrere la spaccatura delle labbra. Lara fu scossa da un brivido ed emise un gemito più forte mentre Mario alternava la lingua e le dita. Lei lo prese per i capelli chiedendogli di sollevarsi per poterlo baciare, le sue labbra bagnate dei suoi umori.
«Scusa c’è tanta tensione, dammi un attimo» disse Mario accarezzandosi il cazzo ancora non rigido. Ultimamente capitava. Era una delle discussioni che avevano avuto. Lara voleva un sesso più animalesco, deciso, più intenso.
«Non ti preoccupare, ci penso io» disse Lara, lo prese in mano e iniziò ad accarezzarlo, intanto lo baciava sul petto scendendo sempre di più fino ad accoglierlo tra le sue labbra. Mario emise un gemito. Le labbra di Lara attorno al suo cazzo erano una sensazione fortissima, potente. Non poteva pensare di rimanere senza. Scacciò via i pensieri tristi e si concentrò sulle sensazioni. Lara lo avvolgeva fino a prenderlo interamente in bocca, in gola, finché il suo naso toccava la pancia di Mario. Questo lo faceva impazzire e finalmente il suo membro iniziò ad acquistare durezza. Si staccò da lei, si mise sopra, Lara allargò le gambe e Mario le entrò dentro piano, con dolcezza, guardandola negli occhi. Iniziò a muoversi con movimenti lenti mentre la teneva abbracciata a sé, voleva godersi questo momento, fare l’amore con lei.
«Sì sì, muoviti così» diceva Lara
«Toccati, toccati ora, voglio sentire che vieni mentre sono dentro di te»
Le sue dita scesero lungo il ventre, appoggiandosi sopra il monte di venere e iniziando a muoversi freneticamente. Lui la guardava mentre si muoveva dentro di lei, bellissima, i capelli biondi lunghi adagiati di lato, le labbra a formare una piccola o mentre gemeva. Quanto era bella, e la sensazione meravigliosa di scivolare dentro di lei, di sentirla bagnata, di sentirla gemere
«Continua continua, muoviti più forte» implorò lei
Mario iniziò a dare colpi più decisi, tenendola per i fianchi mentre le dita di Lara continuavano a muoversi forsennatamente in cerca dell’orgasmo, lei chiuse gli occhi, oddio impazziva a vederla così, come avrebbe fatto domani, e dopodomani, quanto sarebbe durato senza voler sentire il suo corpo, come poteva rimanere in astinenza? E lei? Lei aveva sempre voglia, come sarebbe riuscita a stare in astinenza per tutta la pausa. L’immagine arrivò come un fulmine. Lara distesa così a godere presa da un altro. Fu come un pugno, e allo stesso tempo una scarica nelle sue parti basse, Mario non resistette più e prima ancora che Lara potesse venire uscì venendole sulla pancia
«Scusami … scusa … è stato improvviso, non so come mai … era troppo bello» si scusò Mario cercando un fazzoletto
«Non ti preoccupare, non ti preoccupare, è stato bello. Vieni qui» cercò di rassicurarlo lei e tese le sue braccia verso di lui per abbracciarlo. Si misero uno accanto all’altro nudi, finchè il respiro non si quietò. Guardavano entrambi nel vuoto, persi in mille pensieri, senza sapere cosa dire. Ogni tanto sospiravano e si stringevano forte.
La campana della chiesa lì vicino iniziò a suonare. Mezzanotte.
«E’ domani. Forse è meglio tu vada in camera tua. Se rimani qui non riuscirò a mandarti via e finirà che dormiremo insieme e domani saremo punto e a capo. Ricordati, lo facciamo per noi». Disse lei con un velo di tristezza ma anche in tono apparentemente freddo.
Per Mario fu un pugno nello stomaco. Doversene andare dal suo letto, quello che pochi mesi prima avevano comprato insieme perché fosse il loro nido. Si alzò nudo senza sapere neanche bene che dire. Si voltò verso di lei che si era rannicchiata nelle coperte.
«Buonanotte amore» le disse
«Buonanotte … Mario» rispose Lara. Mario si sentì sprofondare e si incamminò nella stanza a fianco. In quello che era lo studio e che ora era diventata camera sua. Crollo sul divano letto, senza neanche aprirlo e senza riuscire a chiudere occhio tutta la notte.
Ogni tanto era come se si svegliasse di soprassalto preso da un’ansia insostenibile e voleva correre di là da lei, dirle che stavano sbagliando, che sarebbe stato un disastro. Ma no, sarebbe stato difficile, ora come ora per lui impensabile, ma ce l’avrebbero fatta, come erano riusciti a superare tutto. Sarebbero stati più forti della crisi.