Circa due anni fa ho pubblicato il primo racconto sulla mia ragazza Eliza. "Una cameriera di nome Eliza" Ora sono 5 anni che stiamo insieme e spesso lei mi parla del suo vissuto in Italia prima di conoscere me. Con il tempo ho saputo che in quel ristorante dove ha lavorato in Calabria ha incontrato un cantante di nome Mimmo con il quale ha avuto una storia. Ho anche saputo che questo tipo è stato il primo a sverginarle il culo. Lei mi ha raccontato un pò di particolari con il quali ho scritto questo racconto. Come ho scritto anche l'altra volta, se qualcuno leggendo il racconto si ricorda di una bella cameriera in un ristorante in calabria (anni 2011 e 2012) e di un cantante Mimmo e di un pizzaiolo Egiziano e altre cose nel racconto allora mi contatti in privato.
Era da poco passata l’una, orario di punta nel ristorante dove lavorava Eliza. La ragazza iniziava già ad avvertire una certa stanchezza, ma cercava di non darlo a vedere: nella sua testa, si era convinta che l’unico modo per affrontare le disgustose avance del padrone, e i maldestri quanto sgradevoli tentativi di approccio da parte dell’egiziano e di Sandro, era immergersi completamente nel lavoro, anche a costo di svenire per la fatica. Il padrone non era gentile con lei e non sembrava neppure apprezzare gli sforzi, ma anzi rincarava la dose di ordini e costrizioni: ― Muovi quel culo, Eliza! Non ti pago per farti sculettare su una passerella! Lavora, lavora! La situazione era diventata ancora più umiliante: il padrone la guardava con rabbia e disprezzo, offendendola con cattiveria; non la palpava più come all’inizio, ma restava spesso a guardarle il sedere, commentando i suoi abiti in maniera volgare. ― Non sei in spiaggia, tesoro mio! Il sedere tienilo per i maschietti che ti trombi! Altre volte, la volgarità diventava quasi eccessiva; evidentemente, il padrone ce l’aveva ancora con lei per il rifiuto che aveva subito.
― Andiamo, Eliza! I tacchi lasciali a casa la prossima volta, chiaro!? Mettili quando esci a darla a qualche coglione! ― Il sesso orale in macchina, forzato, non gli era bastato, e le battute si facevano sempre più pesanti: ― Che c’è, sei stanca? Hai dormito poco stanotte? Ecco cosa succede a succhiare cazzi tutta la sera! Devi farti curare, Eliza, le bambole come te funzionano in Romania, ma qui si lavora sul serio! Non di rado la ragazza si chiudeva in bagno per diversi minuti, a piangere di disperazione. Com’era finita in una situazione del genere? Non c’era una risposta, era stata semplicemente sfortunata: la sua ingenuità le si stava rovesciando addosso. ― Esci dal bagno, Eliza! ― gridò la voce di Sandro, anch’egli divenuto antipatico, crudele e aggressivo. ― Ti stai facendo un ditalino sotto la gonnellina? Su, che i clienti aspettano! Muoviti! Quella volte Eliza riuscì a stringere i denti e a tornare a lavorare, ignorando Sandro che, non appena la ragazza uscì dal bagno, le accarezzò le natiche infilando le mani sotto la gonna.
Hai un bel culo, ma non devi tirartela troppo! ― urlò lui, quasi minaccioso. ― Tanto tra un po’ ti spediamo a fare la escort… Le cose andavano male. Eliza divenne nervosa, i piatti le scivolavano durante il servizio, e passava le notti a piangere… […] Una sera, all’inizio dell’estate, al ristorante giunsero un gruppo di musicisti. Eliza era incuriosita, anche perché aveva sentito parlare di musica folkloristica, il che significava qualcosa di legato al territorio italiano, in particolare alla Calabria. Erano ragazzi affascinanti, e molto bravi in quello che facevano. Il cantante arrivò con un’ora di ritardo, giustificandosi con il traffico dell’ora di punta. Eliza lo vide passare indifferente accanto a lei, e per un attimo restò piacevolmente impressionata. Cercò di scoprire il suo nome, ma senza riuscirci. Quella curiosità svanì nel giro di pochi minuti, appena il tempo di ascoltare di nuovo le grida del padrone: ― Eliza, ti vuoi sbrigare!? Quel cantante, ascoltando quelle parole aggressive, intervenne dolcemente: ― Ce l’hai a morte con la tua cameriera? ― chiese sorridendo al padrone.
L’uomo rispose ridacchiando: ― No, Mimmo, non ho nulla contro di lei. Ma sai come fanno, queste straniere: vengono a lavorare in un ristorante e pensano di stare a una sfilata di moda. ― Poi, sottovoce, aggiunse: ― La vedi, com’è vestita? Sono mesi che cerco di spiegarle che non può vestirsi da tro… va beh, hai capito. Questo è un ristorante, non una spiaggia. Mimmo annuì, assecondando il padrone del ristorante. Ma non pareva molto convinto. Lanciò invece altre occhiate in direzione di Eliza, occhiate dolci, affettuose, di comprensione. La serata fu un bel successo, al punto che il padrone chiese a Mimmo e alla sua band di tornare a suonare. ― Ci farebbe molto piacere avervi di nuovo come ospiti. ― Quando vuoi, sarebbe una bella occasione. Il ristorante stava per chiudere. Solo Mimmo e i suoi musicisti erano rimasti ai tavoli, per bere un drink e fare due chiacchiere. A portare i drink fu Eliza in persona. La ragazza guardò Mimmo e sospirò: ― Ti ringrazio, Ninno. Tu sei stato molto gentile. Il ragazzo sorrise. ― Mi chiamo Mimmo. ― Oddio, escusa, io sto imparando itagliano ma…
― Non ti scusare. Qual è il tuo nome? Il padrone mi ha detto che sei rumena… ― Essì, immagino cosa ti ha detto, che noi rumene tutte puttane. Mimmo scoppiò a ridere. ― Tu devi fregartene di questa gente. T’ho vista, lavori bene. Eliza sorrise. ― Grazie, tu molto gentile. Non come lorro. Io sono Eliza. ― Eliza… Bel nome. ― Grazie. Ora però io vado, porto conto e vado a dormire. Mimmo restò un attimo a riflettere, era chiaro il suo interesse. Poi provò a dire: ― Perché non vieni a fare due passi con me? Oppure resta qui a bere qualcosa con noi, offro io! Eliza fu tentata, ma poi rifletté: quel Mimmo sembrava un bravo ragazzo, ma che garanzie aveva? Era carino, gentile, ma… No, non avrebbe ceduto. Era chiaro che tutti gli uomini volevano da lei una sola cosa: approfittarsene, in un modo o in un altro. Non si fidava più. ― No Mimmo, grazie ma io andare, domattina sveglio presto. ― E sparì, non portò neppure il conto.
Nelle notti seguenti, Eliza tornò a pensare a quel ragazzo di nome Mimmo. Non si fidava di lui, e non era disposta a cedere alle sue avance; eppure le piaceva, questo non poteva negarlo a se stessa. Lo confermò quello che accadde una notte, quando si masturbò nella sua camera pensando a lui: infilò lentamente le mani sotto alla maglietta, e indugiando fra le cosce iniziò a stimolarsi, fantasticando di fare l’amore con lui, di sposarlo e di avere dei figli. Le piaceva l’idea romantica di un amore passionale e dolce. La mattina seguente, neanche a farlo apposta, Eliza seppe dall’egiziano che Mimmo sarebbe tornato in serata per cantare coi suoi colleghi. Quella sera, Eliza si truccò più del solito, senza però varcare la soglia della volgarità . Si depilò le gambe e una parte dell’inguine; non sapeva neppure lei dire il perché, in fondo non ci sarebbe andata a letto. Eppure voleva farlo, voleva farsi bella per lui. Dopo il concerto – prima Eliza non era riuscita a incontrarlo – i due si incrociarono all’uscita del ristorante. Il ragazzo non disse nulla, e Eliza, per orgoglio, restò in silenzio. Fu lui a parlare: ― Ed eccoci qua. Hai cambiato idea su di me? Lei fece una smorfia. ― Non so. Dovrei? Non fece in tempo a fermarlo: Mimmo si avvicinò e prendendole dolcemente la testa la baciò. Eliza provò a divincolarsi, ma lentamente decise di cedere. Solo un bacio, pensò, solo un innocente bacio. La lingua di Mimmo indugiava nella bocca di Eliza, che ricambiò quel bacio appassionato. I due si toccarono, si abbracciarono intensamente, strusciando le proprie parti intime. ― C-Che succede!? ― quasi gridò una voce. Era il padrone. ― Eliza! Come ti permetti di…!? ― Eliza è CON ME! ― rispose deciso Mimmo. ― C’è qualche problema? Il padrone tossì. ― N-No… Certo che no, figurati! I ragazzi d’oggi… Fate, fate pure! Io torno a… ehm… ― Tornò dentro al ristorante, evidentemente geloso e furioso con Eliza. Ma non ci poteva fare nulla. Mimmo guardò la ragazza. ― Eliza… Sei bellissima, lo sai? Ti va di venire da me, stasera? Domattina ti riaccompagno qui. Eliza sorrise, si sentiva finalmente amata, apprezzata. Arrossì per l’imbarazzo. Non era abituata a delle attenzioni di tipo romantico. ― Meglio di… no, dai… Io vaddo, poi ci vediamo, vabbene? ― E rientrò anche lei, salendo le scale e sparendo nel buio del ristorante. […] Un giorno in cui il lavoro non era molto al ristorante, e Eliza aveva trovato il tempo di risalire in camera per farsi una doccia, il padrone salì con un muso lungo di irritazione. ― Eliza… ― La chiamò. La ragazza temé il peggio. ― C’è una visita per te… ― concluse frustrato. Eliza fece appena in tempo a rivestirsi – senza neppure indossare le mutande, perché contava sul fatto di risalire subito – e scese giù, trovando ad attenderla proprio Mimmo. ― Questa volta ti prendo e ti porto via! ― disse lui scherzando. ― Ti riporto qua prima di cena, d’accordo? Stavolta accettò. Mimmo la accompagnò in macchina in un villino molto grazioso che la ragazza apprezzò non poco. ― Sai, è di uno dei miei colleghi, spesso ci veniamo. Ma oggi è vuota… Eliza sorrise. In cuor suo sentiva già dell’affetto per quel ragazzo.
Lui le fece visitare velocemente la casa; poi, quando furono rilassati su un divano, tornò a baciarla come l’ultima volta. Si baciarono a lungo, con la lingua, toccandosi e sussurrandosi parole dolci. ― Mi piaci, Eliza… ― Anche tu mi piacci… ah… ah… ― Lui la stava baciando sul collo. Con grande sorpresa, Mimmo si accorse che Eliza non aveva le mutande. Per lei fu difficile da spiegare: ― Io le metto sempre, giuro, non volevo fare troia! Io non sono così, però sono scesa un attimo veloce da casa pensando di..... ― Tranquilla! ― rise lui. ― Pensa un po’, ti ho portato un regalo che potrebbe servirti! Da una busta, l’uomo tirò fuori un body bianco molto intrigante, a rete e velato nelle parti intime. Lei si sentì onorata, e anche piuttosto sedotta da quel regalo così… erotico. ― Provalo, dai… Lei lo indossò, e rimase accanto al divano, in piedi, con indosso solo il body bianco, le gambe nude e i seni che già si intravedevano dalla scollatura. Lui le affondò la faccia fra le mammelle, baciandole e leccandole. Non voleva spogliarla, se la voleva godere così, con indosso il suo regalo. Lei gemeva di piacere, finalmente si stava lasciando andare. Allargò le gambe e scivolò sul divano, facendosi strusciar contro da lui, già pronto ad aprirsi la patta dei pantaloni. Ce l’aveva durissimo. Glielo strofinò addosso con decisione, dal basso verso l’alto, toccando la sua carne nuda nell’inguine, e il tessuto sottile del body. Poi la baciò di nuovo in bocca, fra i capelli, la annusò, e lei si sentì finalmente donna. ― Ora sei mia… ― le disse lui. Lei non rispose a parole, ma con piccoli versi di piacere imbarazzata, mentre i piedi puntavano verso l’alto; le gambe erano allargate come se fossero pronte per il più delizioso degli accoppiamenti. Preso da un raptus di eccitazione, Mimmo la prese per i capelli e la fece voltare. Ora lei era di spalle: lui le si strofinò addosso, col pene durissimo e nudo, fra le natiche. Lei ridacchiò. ― Non fare schezzi, io mai fatt… AH… AAAHH… Lui le stava spingendo il membro dritto e durissimo fra le natiche, senza neppure sfilarle il body. Questo la tranquillizzò: evidentemente non voleva penetrarla. Eliza non era pronta per quel passo, non aveva mai fatto l’amore da dietro in vita sua. ― Ah… Piano che… AH… PIA… PIANO…! ― Eliza…! ― AH! ODD… ODDIO! Accadde di colpo: il tessuto bianco del body si lacerò, venne forato completamente dalla cappella durissima di Mimmo. Il suo membro entrò fra le natiche rosa di Eliza e allargò il suo piccolo buco. Ancora due colpi, fra le grida di Eliza – grida di imbarazzo, di dolore e di piacere – e il suo cazzo fu dentro di lei, dentro al suo ano, da dietro. Lui non esitò, iniziò a muoversi, prima dolcemente, poi con sempre maggior eccitazione, affondando, penetrandola più a fondo, rompendo qualcosa. ―Aiut… AH… ― Eliza provava piacere, non poteva negarlo, anche se le faceva male. ― Ah… Aiut… Mi stai aprendo... Mi stai romp… AAAHH!! Il cazzo di Mimmo la lacerò, penetrandola a fondo nel culo, sfondandola completamente. Lei, tutta tremante, iniziò a stringere le natiche, e questo non fece altro che divorare di piacere il pene di Mimmo, sempre più stretto. Ancora colpi, violenti e decisi: Mimmo iniziò a lamentarsi, stava per venire. Lanciò verso l’alto altri due colpi forti, virili, e Eliza, tenendosi i fianchi per restare stabile, avvertì la scossa potente del ragazzo, poi i suoi schizzi nell’ano, profondi, caldi, violatori. Venne anche lei, di colpo, avvertendo quel bruciore e quella penetrazione nel culo. Tremò tutta, poi si piegò in avanti, piangendo di dolore ma anche di piacere. Aveva i capelli appiccicati alla fronte, era tutta sudata. Quando si guardarono di nuovo in faccia, lui le sussurrò: ― Puoi restare qui, se vuoi. Lei lo abbracciò. Era felice.
Era da poco passata l’una, orario di punta nel ristorante dove lavorava Eliza. La ragazza iniziava già ad avvertire una certa stanchezza, ma cercava di non darlo a vedere: nella sua testa, si era convinta che l’unico modo per affrontare le disgustose avance del padrone, e i maldestri quanto sgradevoli tentativi di approccio da parte dell’egiziano e di Sandro, era immergersi completamente nel lavoro, anche a costo di svenire per la fatica. Il padrone non era gentile con lei e non sembrava neppure apprezzare gli sforzi, ma anzi rincarava la dose di ordini e costrizioni: ― Muovi quel culo, Eliza! Non ti pago per farti sculettare su una passerella! Lavora, lavora! La situazione era diventata ancora più umiliante: il padrone la guardava con rabbia e disprezzo, offendendola con cattiveria; non la palpava più come all’inizio, ma restava spesso a guardarle il sedere, commentando i suoi abiti in maniera volgare. ― Non sei in spiaggia, tesoro mio! Il sedere tienilo per i maschietti che ti trombi! Altre volte, la volgarità diventava quasi eccessiva; evidentemente, il padrone ce l’aveva ancora con lei per il rifiuto che aveva subito.
― Andiamo, Eliza! I tacchi lasciali a casa la prossima volta, chiaro!? Mettili quando esci a darla a qualche coglione! ― Il sesso orale in macchina, forzato, non gli era bastato, e le battute si facevano sempre più pesanti: ― Che c’è, sei stanca? Hai dormito poco stanotte? Ecco cosa succede a succhiare cazzi tutta la sera! Devi farti curare, Eliza, le bambole come te funzionano in Romania, ma qui si lavora sul serio! Non di rado la ragazza si chiudeva in bagno per diversi minuti, a piangere di disperazione. Com’era finita in una situazione del genere? Non c’era una risposta, era stata semplicemente sfortunata: la sua ingenuità le si stava rovesciando addosso. ― Esci dal bagno, Eliza! ― gridò la voce di Sandro, anch’egli divenuto antipatico, crudele e aggressivo. ― Ti stai facendo un ditalino sotto la gonnellina? Su, che i clienti aspettano! Muoviti! Quella volte Eliza riuscì a stringere i denti e a tornare a lavorare, ignorando Sandro che, non appena la ragazza uscì dal bagno, le accarezzò le natiche infilando le mani sotto la gonna.
Hai un bel culo, ma non devi tirartela troppo! ― urlò lui, quasi minaccioso. ― Tanto tra un po’ ti spediamo a fare la escort… Le cose andavano male. Eliza divenne nervosa, i piatti le scivolavano durante il servizio, e passava le notti a piangere… […] Una sera, all’inizio dell’estate, al ristorante giunsero un gruppo di musicisti. Eliza era incuriosita, anche perché aveva sentito parlare di musica folkloristica, il che significava qualcosa di legato al territorio italiano, in particolare alla Calabria. Erano ragazzi affascinanti, e molto bravi in quello che facevano. Il cantante arrivò con un’ora di ritardo, giustificandosi con il traffico dell’ora di punta. Eliza lo vide passare indifferente accanto a lei, e per un attimo restò piacevolmente impressionata. Cercò di scoprire il suo nome, ma senza riuscirci. Quella curiosità svanì nel giro di pochi minuti, appena il tempo di ascoltare di nuovo le grida del padrone: ― Eliza, ti vuoi sbrigare!? Quel cantante, ascoltando quelle parole aggressive, intervenne dolcemente: ― Ce l’hai a morte con la tua cameriera? ― chiese sorridendo al padrone.
L’uomo rispose ridacchiando: ― No, Mimmo, non ho nulla contro di lei. Ma sai come fanno, queste straniere: vengono a lavorare in un ristorante e pensano di stare a una sfilata di moda. ― Poi, sottovoce, aggiunse: ― La vedi, com’è vestita? Sono mesi che cerco di spiegarle che non può vestirsi da tro… va beh, hai capito. Questo è un ristorante, non una spiaggia. Mimmo annuì, assecondando il padrone del ristorante. Ma non pareva molto convinto. Lanciò invece altre occhiate in direzione di Eliza, occhiate dolci, affettuose, di comprensione. La serata fu un bel successo, al punto che il padrone chiese a Mimmo e alla sua band di tornare a suonare. ― Ci farebbe molto piacere avervi di nuovo come ospiti. ― Quando vuoi, sarebbe una bella occasione. Il ristorante stava per chiudere. Solo Mimmo e i suoi musicisti erano rimasti ai tavoli, per bere un drink e fare due chiacchiere. A portare i drink fu Eliza in persona. La ragazza guardò Mimmo e sospirò: ― Ti ringrazio, Ninno. Tu sei stato molto gentile. Il ragazzo sorrise. ― Mi chiamo Mimmo. ― Oddio, escusa, io sto imparando itagliano ma…
― Non ti scusare. Qual è il tuo nome? Il padrone mi ha detto che sei rumena… ― Essì, immagino cosa ti ha detto, che noi rumene tutte puttane. Mimmo scoppiò a ridere. ― Tu devi fregartene di questa gente. T’ho vista, lavori bene. Eliza sorrise. ― Grazie, tu molto gentile. Non come lorro. Io sono Eliza. ― Eliza… Bel nome. ― Grazie. Ora però io vado, porto conto e vado a dormire. Mimmo restò un attimo a riflettere, era chiaro il suo interesse. Poi provò a dire: ― Perché non vieni a fare due passi con me? Oppure resta qui a bere qualcosa con noi, offro io! Eliza fu tentata, ma poi rifletté: quel Mimmo sembrava un bravo ragazzo, ma che garanzie aveva? Era carino, gentile, ma… No, non avrebbe ceduto. Era chiaro che tutti gli uomini volevano da lei una sola cosa: approfittarsene, in un modo o in un altro. Non si fidava più. ― No Mimmo, grazie ma io andare, domattina sveglio presto. ― E sparì, non portò neppure il conto.
Nelle notti seguenti, Eliza tornò a pensare a quel ragazzo di nome Mimmo. Non si fidava di lui, e non era disposta a cedere alle sue avance; eppure le piaceva, questo non poteva negarlo a se stessa. Lo confermò quello che accadde una notte, quando si masturbò nella sua camera pensando a lui: infilò lentamente le mani sotto alla maglietta, e indugiando fra le cosce iniziò a stimolarsi, fantasticando di fare l’amore con lui, di sposarlo e di avere dei figli. Le piaceva l’idea romantica di un amore passionale e dolce. La mattina seguente, neanche a farlo apposta, Eliza seppe dall’egiziano che Mimmo sarebbe tornato in serata per cantare coi suoi colleghi. Quella sera, Eliza si truccò più del solito, senza però varcare la soglia della volgarità . Si depilò le gambe e una parte dell’inguine; non sapeva neppure lei dire il perché, in fondo non ci sarebbe andata a letto. Eppure voleva farlo, voleva farsi bella per lui. Dopo il concerto – prima Eliza non era riuscita a incontrarlo – i due si incrociarono all’uscita del ristorante. Il ragazzo non disse nulla, e Eliza, per orgoglio, restò in silenzio. Fu lui a parlare: ― Ed eccoci qua. Hai cambiato idea su di me? Lei fece una smorfia. ― Non so. Dovrei? Non fece in tempo a fermarlo: Mimmo si avvicinò e prendendole dolcemente la testa la baciò. Eliza provò a divincolarsi, ma lentamente decise di cedere. Solo un bacio, pensò, solo un innocente bacio. La lingua di Mimmo indugiava nella bocca di Eliza, che ricambiò quel bacio appassionato. I due si toccarono, si abbracciarono intensamente, strusciando le proprie parti intime. ― C-Che succede!? ― quasi gridò una voce. Era il padrone. ― Eliza! Come ti permetti di…!? ― Eliza è CON ME! ― rispose deciso Mimmo. ― C’è qualche problema? Il padrone tossì. ― N-No… Certo che no, figurati! I ragazzi d’oggi… Fate, fate pure! Io torno a… ehm… ― Tornò dentro al ristorante, evidentemente geloso e furioso con Eliza. Ma non ci poteva fare nulla. Mimmo guardò la ragazza. ― Eliza… Sei bellissima, lo sai? Ti va di venire da me, stasera? Domattina ti riaccompagno qui. Eliza sorrise, si sentiva finalmente amata, apprezzata. Arrossì per l’imbarazzo. Non era abituata a delle attenzioni di tipo romantico. ― Meglio di… no, dai… Io vaddo, poi ci vediamo, vabbene? ― E rientrò anche lei, salendo le scale e sparendo nel buio del ristorante. […] Un giorno in cui il lavoro non era molto al ristorante, e Eliza aveva trovato il tempo di risalire in camera per farsi una doccia, il padrone salì con un muso lungo di irritazione. ― Eliza… ― La chiamò. La ragazza temé il peggio. ― C’è una visita per te… ― concluse frustrato. Eliza fece appena in tempo a rivestirsi – senza neppure indossare le mutande, perché contava sul fatto di risalire subito – e scese giù, trovando ad attenderla proprio Mimmo. ― Questa volta ti prendo e ti porto via! ― disse lui scherzando. ― Ti riporto qua prima di cena, d’accordo? Stavolta accettò. Mimmo la accompagnò in macchina in un villino molto grazioso che la ragazza apprezzò non poco. ― Sai, è di uno dei miei colleghi, spesso ci veniamo. Ma oggi è vuota… Eliza sorrise. In cuor suo sentiva già dell’affetto per quel ragazzo.
Lui le fece visitare velocemente la casa; poi, quando furono rilassati su un divano, tornò a baciarla come l’ultima volta. Si baciarono a lungo, con la lingua, toccandosi e sussurrandosi parole dolci. ― Mi piaci, Eliza… ― Anche tu mi piacci… ah… ah… ― Lui la stava baciando sul collo. Con grande sorpresa, Mimmo si accorse che Eliza non aveva le mutande. Per lei fu difficile da spiegare: ― Io le metto sempre, giuro, non volevo fare troia! Io non sono così, però sono scesa un attimo veloce da casa pensando di..... ― Tranquilla! ― rise lui. ― Pensa un po’, ti ho portato un regalo che potrebbe servirti! Da una busta, l’uomo tirò fuori un body bianco molto intrigante, a rete e velato nelle parti intime. Lei si sentì onorata, e anche piuttosto sedotta da quel regalo così… erotico. ― Provalo, dai… Lei lo indossò, e rimase accanto al divano, in piedi, con indosso solo il body bianco, le gambe nude e i seni che già si intravedevano dalla scollatura. Lui le affondò la faccia fra le mammelle, baciandole e leccandole. Non voleva spogliarla, se la voleva godere così, con indosso il suo regalo. Lei gemeva di piacere, finalmente si stava lasciando andare. Allargò le gambe e scivolò sul divano, facendosi strusciar contro da lui, già pronto ad aprirsi la patta dei pantaloni. Ce l’aveva durissimo. Glielo strofinò addosso con decisione, dal basso verso l’alto, toccando la sua carne nuda nell’inguine, e il tessuto sottile del body. Poi la baciò di nuovo in bocca, fra i capelli, la annusò, e lei si sentì finalmente donna. ― Ora sei mia… ― le disse lui. Lei non rispose a parole, ma con piccoli versi di piacere imbarazzata, mentre i piedi puntavano verso l’alto; le gambe erano allargate come se fossero pronte per il più delizioso degli accoppiamenti. Preso da un raptus di eccitazione, Mimmo la prese per i capelli e la fece voltare. Ora lei era di spalle: lui le si strofinò addosso, col pene durissimo e nudo, fra le natiche. Lei ridacchiò. ― Non fare schezzi, io mai fatt… AH… AAAHH… Lui le stava spingendo il membro dritto e durissimo fra le natiche, senza neppure sfilarle il body. Questo la tranquillizzò: evidentemente non voleva penetrarla. Eliza non era pronta per quel passo, non aveva mai fatto l’amore da dietro in vita sua. ― Ah… Piano che… AH… PIA… PIANO…! ― Eliza…! ― AH! ODD… ODDIO! Accadde di colpo: il tessuto bianco del body si lacerò, venne forato completamente dalla cappella durissima di Mimmo. Il suo membro entrò fra le natiche rosa di Eliza e allargò il suo piccolo buco. Ancora due colpi, fra le grida di Eliza – grida di imbarazzo, di dolore e di piacere – e il suo cazzo fu dentro di lei, dentro al suo ano, da dietro. Lui non esitò, iniziò a muoversi, prima dolcemente, poi con sempre maggior eccitazione, affondando, penetrandola più a fondo, rompendo qualcosa. ―Aiut… AH… ― Eliza provava piacere, non poteva negarlo, anche se le faceva male. ― Ah… Aiut… Mi stai aprendo... Mi stai romp… AAAHH!! Il cazzo di Mimmo la lacerò, penetrandola a fondo nel culo, sfondandola completamente. Lei, tutta tremante, iniziò a stringere le natiche, e questo non fece altro che divorare di piacere il pene di Mimmo, sempre più stretto. Ancora colpi, violenti e decisi: Mimmo iniziò a lamentarsi, stava per venire. Lanciò verso l’alto altri due colpi forti, virili, e Eliza, tenendosi i fianchi per restare stabile, avvertì la scossa potente del ragazzo, poi i suoi schizzi nell’ano, profondi, caldi, violatori. Venne anche lei, di colpo, avvertendo quel bruciore e quella penetrazione nel culo. Tremò tutta, poi si piegò in avanti, piangendo di dolore ma anche di piacere. Aveva i capelli appiccicati alla fronte, era tutta sudata. Quando si guardarono di nuovo in faccia, lui le sussurrò: ― Puoi restare qui, se vuoi. Lei lo abbracciò. Era felice.
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