Ciao a tutti ragazzi, sono sempre stato un lettore passivo di esperienze altrui, mai avrei pensato di raccontare qualcosa di mio eppure, eccomi qui.
Prima di iniziare il racconto vorrei premettere due cose: non saprete mai se il racconto e vero o inventato (o parzialmente vero) e che non sono uno scrittore, quindi perdonerete le mie lacune tecniche di narrazione
.
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Era un normalissimo giorno di liceo, ricordo vagamente l’aspetto e la voce soporifera della mia insegnante di italiano mentre spiegava la vita di qualche autore ormai dimenticato quando ad un tratto si sente bussare alla porta.
Toc toc; avanti, disse l’insegnante infastidita dall’interruzione.
Entró una ragazza bassina, sul metro e 60 con capelli ricci e un sorriso malizioso, era la rappresentante di istituto.
Disse a voce alta: scusate, devo distribuire i bigliettini del box di san valentino, ci metterò un attimo.
Come dimenticare, nel nostro liceo c’era l’usanza di installare un box anonimo circa dieci giorni prima di san valentino per fare dediche anonime ai propri spasimanti.
Io non ne avevo mai ricevuti, sono sempre stato un ragazzo normale, sulle sue, non amavo espormi o mettermi al centro dell’attenzione. Amavo la tranquillità di passare inosservato.
Sofia, questo era il nome della rappresentante, prima ancora di distribuire le decine di bigliettini al ragazzo figo della nostra classe gridò il mio nome e mi consegnò un bigliettino facendo una smorfia di approvazione.
Rimasi sorpreso, non mi aspettavo di riceverne uno e la cosa mi mise un po’ a disagio, vidi lo stupore pure nella faccia dell’insegnante.
Aprii il biglietto e lessi un messaggio che mai mi sarei aspettato di leggere in quella circostanza, “ti voglio”.
Sbiancai.
Era un messaggio vero? Era forse uno scherzo di qualche mio amico stupido? La rappresentante l’aveva letto?
A quei tempi uscivo da poco con una ragazza, carina, piccola di statura e molto dolce; non è il tipo che scrive messaggi del genere.
E se l’avesse scritto lei? Dovrei dirglielo? E se non fosse suo? Non sarebbe l’ideale per iniziare una frequentazione.
Prima di iniziare il racconto vorrei premettere due cose: non saprete mai se il racconto e vero o inventato (o parzialmente vero) e che non sono uno scrittore, quindi perdonerete le mie lacune tecniche di narrazione

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Era un normalissimo giorno di liceo, ricordo vagamente l’aspetto e la voce soporifera della mia insegnante di italiano mentre spiegava la vita di qualche autore ormai dimenticato quando ad un tratto si sente bussare alla porta.
Toc toc; avanti, disse l’insegnante infastidita dall’interruzione.
Entró una ragazza bassina, sul metro e 60 con capelli ricci e un sorriso malizioso, era la rappresentante di istituto.
Disse a voce alta: scusate, devo distribuire i bigliettini del box di san valentino, ci metterò un attimo.
Come dimenticare, nel nostro liceo c’era l’usanza di installare un box anonimo circa dieci giorni prima di san valentino per fare dediche anonime ai propri spasimanti.
Io non ne avevo mai ricevuti, sono sempre stato un ragazzo normale, sulle sue, non amavo espormi o mettermi al centro dell’attenzione. Amavo la tranquillità di passare inosservato.
Sofia, questo era il nome della rappresentante, prima ancora di distribuire le decine di bigliettini al ragazzo figo della nostra classe gridò il mio nome e mi consegnò un bigliettino facendo una smorfia di approvazione.
Rimasi sorpreso, non mi aspettavo di riceverne uno e la cosa mi mise un po’ a disagio, vidi lo stupore pure nella faccia dell’insegnante.
Aprii il biglietto e lessi un messaggio che mai mi sarei aspettato di leggere in quella circostanza, “ti voglio”.
Sbiancai.
Era un messaggio vero? Era forse uno scherzo di qualche mio amico stupido? La rappresentante l’aveva letto?
A quei tempi uscivo da poco con una ragazza, carina, piccola di statura e molto dolce; non è il tipo che scrive messaggi del genere.
E se l’avesse scritto lei? Dovrei dirglielo? E se non fosse suo? Non sarebbe l’ideale per iniziare una frequentazione.